Capitolo 11 - La protesta dei prìncipi - parte 02

“I princìpi contenuti in questa vibrata protesta… costituiscono la vera essenza del Protestantesimo. Questa protesta si oppone a due abusi dell’uomo in materia di fede: il primo è l’intrusione del magistrato civile, il secondo è l’autorità arbitraria della chiesa. Al posto di questi abusi, il Protestantesimo pone la forza della coscienza al di sopra del magistrato e l’autorità della Parola di Dio al di sopra della chiesa. In primo luogo esso rigetta l’autorità civile sulle cose divine e, con i profeti e con gli apostoli, afferma: “Noi dobbiamo ubbidire a Dio anziché agli uomini!” Davanti alla corona di Carlo V, esso innalza la corona di Gesù Cristo. Ma va oltre, perché stabilisce il principio secondo il quale tutto l’insegnamento umano deve essere subordinato agli oracoli di Dio”. I firmatari della protesta avevano affermato il diritto di esprimere liberamente le loro convinzioni in materia di fede. Essi intendevano non solo credere e ubbidire, ma anche insegnare quello che la Parola di Dio presenta e negavano ai sacerdoti e ai magistrati il diritto di interferire. La protesta di Spira fu una solenne testimonianza contro l’intolleranza religiosa, oltre che l’affermazione del diritto di ogni uomo di adorare Dio secondo i dettami della propria coscienza.
La dichiarazione era stata scritta nella mente di migliaia di persone e registrata nei libri del cielo, dove nessuno avrebbe potuto cancellarla. Tutta la Germania evangelica adottò la protesta come espressione della propria fede: ovunque gli uomini vedevano in questa dichiarazione la promessa di un’era nuova e migliore. Uno dei prìncipi disse ai protestanti di Spira: “Possa l’Onnipotente, che vi ha fatto la grazia di confessarlo pubblicamente con forza e senza timore, conservarvi in questa fermezza cristiana fino al giorno dell’eternità!”16 Se la Riforma, una volta conseguito un certo successo, avesse acconsentito a temporeggiare per assicurarsi il favore del mondo sarebbe stata infedele a Dio e a se stessa e avrebbe preparato la sua rovina. L’esperienza di questi nobili riformati racchiude un insegnamento valido anche per i secoli futuri. Il modo di procedere di Satana contro Dio e contro la sua Parola non è cambiato: egli è sempre ostile alle Scritture, quali norme di vita, come lo era nel XVI secolo. Oggi si nota una forte tendenza ad allontanarsi dalle dottrine ed è quindi necessario un ritorno al grande principio protestante “la Bibbia, solo la Bibbia” come regola di fede e di condotta. Satana è all’opera e ricorre a ogni mezzo per poter dominare ed eliminare la libertà religiosa. La potenza anticristiana, che i protestanti di Spira rigettarono, agisce ancora e cerca, con rinnovato vigore, di ristabilire la supremazia perduta. Oggi l’unica speranza di riforma risiede nella stessa inalterata adesione alla Parola di Dio che fu manifestata in quell’ora critica della Riforma.
Per i protestanti si profilavano all’orizzonte i chiari segni di un pericolo imminente, ma allo stesso tempo si poteva notare che Dio era pronto a proteggerli. Fu in quell’epoca che “Melantone accompagnò attraverso le vie di Spira, dirigendosi in fretta verso il Reno, il suo amico Simone Grynaeus, sollecitandolo ad attraversare il fiume. Grynaeus era stupito di tanta fretta e Melantone gli disse: ‘Un vecchio dall’aria grave e solenne, a me sconosciuto, mi è apparso e mi ha detto: Fra un minuto degli agenti saranno mandati da Ferdinando ad arrestare Grynaeus’”.
Quello stesso giorno, Grynaeus, scandalizzato da un sermone di Faber, eminente dottore cattolico, gli aveva espresso le sue critiche, accusandolo di difendere “alcuni detestabili errori”. Faber dissimulò la sua ira, ma si affrettò a rivolgersi al re, che gli rilasciò un ordine per procedere contro l’importuno professore di Heidelberg. Melantone era sicuro che Dio avesse salvato il suo amico mandando uno dei suoi santi angeli ad avvertirlo.
“Immobile, sulla riva del Reno, egli attese fino a quando l’amico, nuotando nelle acque del fiume non riuscì a salvarsi, sfuggendo ai suoi persecutori. “Finalmente!” esclamò Melantone quando lo vide giunto sulla riva opposta. “Finalmente egli è stato sottratto a coloro che erano assetati del suo sangue innocente!” Ritornato a casa, seppe che gli agenti mandati alla ricerca di Grynaeus avevano perquisito l’edificio, nel quale abitava, dal solaio alle cantine”. La Riforma doveva imporsi all’attenzione dei potenti della terra. I prìncipi evangelici, ai quali il re Ferdinando aveva rifiutato un’udienza, ebbero l’opportunità di esporre la loro causa all’imperatore e ai dignitari dello stato e della chiesa. Nell’intento di eliminare i dissidi che turbavano l’impero, Carlo V, un anno dopo la protesta di Spira, convocò una Dieta ad Augusta, con l’intenzione di presiederla egli stesso e di invitare anche i capi protestanti.
La Riforma era minacciata da gravi pericoli, ma i suoi sostenitori si erano affidati a Dio e si erano impegnati a rimanere fedeli al Vangelo. L’elettore di Sassonia fu esortato dai suoi consiglieri a non presentarsi alla Dieta.
L’imperatore, dicevano, esigeva la presenza dei prìncipi per tendere loro un tranello. “Non significava forse rischiare tutto, andando a chiudersi fra le mura di una città dove c’era un nemico potente?” Altri, nobilmente, dichiararono: “I prìncipi diano prova di coraggio, e la causa di Dio sarà salva!” Lutero, a sua volta, affermò: “Dio è fedele e non ci abbandonerà!”18 L’elettore, accompagnato dal suo seguito, si diresse verso Augusta. Tutti erano consapevoli dei pericoli che lo minacciavano e molti parteciparono con il cuore turbato da tristi presentimenti. Lutero, che li accompagnò fino a Coburgo, ravvivò la loro fede con il canto dell’inno da lui scritto durante il viaggio: “Forte rocca è il nostro Dio”. Molti oscuri presentimenti vennero dissipati, molti cuori ritrovarono il coraggio ascoltando questo canto ispirato.
I prìncipi riformati avevano deciso di presentare alla Dieta una dichiarazione dei punti della loro fede, redatta in forma sistematica e documentata da esplicite affermazioni delle Sacre Scritture. Furono incaricati di redigerla Lutero, Melantone e i loro collaboratori. I protestanti accettarono questa confessione come esposizione della loro fede e si riunirono per firmarla. Si trattava di un momento solenne e decisivo. I riformati desideravano che la loro causa non venisse confusa con questioni di carattere politico ed erano convinti che la Riforma non dovesse esercitare altro influsso se non quello derivante dalla Parola di Dio. Quando i prìncipi cristiani si presentarono per firmare, Melantone si interpose dicendo: “Spetta ai teologi e ai ministri del Vangelo proporre queste cose; mentre l’autorità dei potenti di questa terra è riservata ad altre questioni”. Giovanni di Sassonia replicò: “Dio non voglia che tu mi escluda! Sono deciso a fare ciò che è giusto, senza preoccuparmi della mia corona. Intendo confessare il Signore: il mio cappello di elettore, il mio ermellino non mi sono preziosi quanto la croce di Gesù Cristo”. Detto questo, appose la sua firma in calce al documento. Un altro principe, nel prendere in mano la penna dichiarò: “Se l’onore del mio Signore Gesù Cristo lo esige, io sono pronto a rinunciare alle mie ricchezze e alla mia vita”.
Quindi proseguì: “Io preferirei rinunciare ai miei sudditi, ai miei stati e perfino alla terra dei miei avi piuttosto che aderire a una dottrina diversa da quella espressa in questa confessione”. Questi erano la fede e il coraggio di quegli uomini di Dio.
Giunse il momento di comparire davanti all’imperatore. Carlo V, seduto sul trono, circondato dagli elettori e dai prìncipi, accordò un’udienza ai riformatori protestanti. Venne letta la loro confessione di fede e in tal modo le verità del Vangelo furono chiaramente esposte e affermate davanti a quell’importante assemblea, mentre venivano messi in luce gli errori della chiesa papale. Quel giorno è stato giustamente definito “il giorno determinante della Riforma, uno dei giorni più gloriosi nella storia del cristianesimo e dell’umanità”. Pochi anni erano trascorsi dal giorno in cui il monaco di Wittenberg si era presentato, solo, davanti al concilio nazionale di Worms. Ora, al suo posto c’erano i prìncipi più nobili e più potenti dell’impero. A Lutero non era stato consentito di presentarsi ad Augusta, ma era là con le sue parole e con le sue preghiere. “Io esulto di gioia” scriveva “per essere vissuto fino a questo momento nel quale il Messia è stato pubblicamente esaltato da confessori così illustri in un’assemblea tanto importante”. Si adempiva, così, la dichiarazione delle Scritture: “Parlerò delle tue testimonianze davanti ai re e non sarò svergognato”. Salmi 119:46.
L’apostolo Paolo presentò davanti ai prìncipi e ai nobili della città imperiale quel Vangelo a causa del quale era stato condotto in carcere. Così, in0 quest’occasione, quello che l’imperatore aveva proibito di predicare dal pulpito, fu predicato in un palazzo. Quello che molti stimavano non fosse degno di essere udito neppure dai servi, ora era ascoltato con meraviglia dai grandi e dai signori dell’impero. L’uditorio si componeva di re e di alti dignitari, i predicatori erano dei prìncipi coronati e il sermone era rappresentato dalle grandi verità di Dio. “Dai tempi degli apostoli” dice uno storico “non c’era mai stata un’opera maggiore di questa; non c’era mai stata una confessione più grandiosa”. “Tutto quello che i luterani hanno detto è vero e noi non lo possiamo negare” affermò un vescovo cattolico. “Può confutare, con valide motivazioni, la confessione fatta dall’elettore e dai suoi alleati?” chiese un altro al dottor Eck. Egli rispose: “Con gli scritti degli apostoli e dei profeti, no; ma con quelli dei padri e dei concili, sì”. “Capisco” replicò l’interlocutore. “Secondo lei i luterani sono fedeli alle Scritture e noi no”. Alcuni prìncipi della Germania furono conquistati alla fede riformata. Lo stesso imperatore dichiarò che gli articoli di fede presentati dai protestanti esprimevano realmente la verità. La confessione fu tradotta in varie lingue e fatta circolare per tutta l’Europa. Nel corso delle successive generazioni essa fu accettata da milioni di persone come espressione della loro fede.
I fedeli servitori di Dio non erano soli. Mentre “i principati, le podestà e gli spiriti malefici nei luoghi celesti” (cfr. Efesini 6:12) si coalizzavano contro di loro, il Signore non abbandonò il suo popolo. Se i loro occhi si fossero aperti, essi avrebbero visto la manifestazione della presenza e dell’aiuto di Dio, intervenire come nel passato in favore di un profeta. Quando il servo di Eliseo additò al profeta l’esercito nemico che li circondava e precludeva loro ogni possibilità di scampo, l’uomo di Dio pregò: “…O Eterno, ti prego, aprigli gli occhi, affinché vegga!…” 2 Re 6:17. Ed ecco, il monte era pieno di cavalli e di carri di fuoco: l’esercito del cielo era là per proteggere i figli di Dio. Nello stesso modo gli angeli protessero gli esponenti della Riforma.
Lutero sosteneva strenuamente che non si doveva ricorrere né al potere temporale né alle armi per appoggiare la Riforma. Egli si rallegrava che il messaggio del Vangelo fosse condiviso dai prìncipi dell’impero, ma quando essi proposero di unirsi in una lega difensiva dichiarò che “la dottrina del Vangelo doveva essere difesa solo da Dio… Nella misura in cui l’uomo non si fosse occupato di quest’opera, l’intervento di Dio in suo favore sarebbe apparso più evidente. Tutte le precauzioni politiche suggerite erano, secondo lui, da attribuirsi a un indegno timore e a una mancanza di fede”. Mentre potenti nemici si univano per ostacolare la fede riformata e migliaia di spade stavano per essere sguainate contro di essa, Lutero scriveva: “Satana sta sfogando tutto il suo furore; pontefici corrotti cospirano e siamo minacciati dalla guerra. Esortate il popolo a combattere valorosamente davanti al trono di Dio con la fede e la preghiera affinché i nostri nemici, vinti dallo Spirito di Dio, siano costretti alla pace. Il primo nostro bisogno, la prima nostra preoccupazione è la preghiera. Ognuno sappia che siamo esposti alla spada e all’ira di Satana e preghi”. Più tardi, alludendo alla lega progettata dai prìncipi protestanti, Lutero dichiarò che l’unica arma da usare in questa lotta era “la spada dello Spirito”.
All’elettore di Sassonia scrisse: “In coscienza, non possiamo approvare l’alleanza proposta. Meglio morire dieci volte che vedere il nostro Vangelo provocare lo spargimento di una sola goccia di sangue. Dobbiamo comportarci come agnelli menati al macello e portare la croce del Cristo. Sua Altezza non abbia timore: otterremo di più noi con le nostre preghiere che tutti i nostri nemici con la loro tracotanza. Le vostre mani non si macchino del sangue dei vostri fratelli. Se l’imperatore esige che siamo consegnati ai tribunali, siamo pronti a presentarci. Voi non potete difendere la nostra fede: ognuno deve credere a proprio rischio e pericolo”. La potenza, che mediante la grande Riforma vinse il mondo, scaturì dalla preghiera. I figli di Dio, appoggiandosi sulle sue promesse, si sentivano tranquilli. Durante la Dieta di Augusta, Lutero “non trascorse neppure un giorno senza consacrare alla preghiera tre delle ore migliori della giornata. Nell’intimità della sua stanza, egli apriva a Dio il suo spirito “con parole di adorazione, di timore e di speranza, come quando uno parla con un amico“: “Io so che sei nostro Padre e nostro Dio” diceva “e disperderai i persecutori dei tuoi figli, perché tu stesso condividi la nostra sorte. La responsabilità è tua, sei tu che ci hai costretto a impegnarci in questa direzione.
Padre, difendici!”27 A Melantone, oppresso dall’ansia e dalla paura, scriveva: “Grazia e pace nel Cristo… nel Cristo, dico, e non nel mondo. Provo una profonda avversione per le eccessive preoccupazioni che ti consumano. Se la causa è ingiusta, abbandoniamola; ma se è giusta, perché dubitare delle promesse di colui che ci invita a dormire senza timore?… Il Cristo non trascurerà la sua opera di giustizia e di verità. Egli vive, egli regna: quale paura può turbarci?”28 Dio ascoltò il grido dei suoi servitori e diede ai prìncipi e ai ministri la grazia e il coraggio di sostenere la verità contro gli esponenti delle tenebre di questo mondo. Il Signore dice: “…Ecco, io pongo in Sion la pietra del capo del cantone, eletta, preziosa; e chi crederà in essa non sarà punto svergognato”.
1 Pietro 2:6 (Diodati). I riformatori protestanti avevano edificato sul Cristo e la morte eterna non avrà il sopravvento su di loro.