Capitolo 40 - La liberazione del popolo di Dio - Parte 03

Ricordano bene la parabola dei vignaioli che rifiutarono di dare al padrone il frutto della vigna, maltrattarono i suoi servi e uccisero suo figlio.
Ricordano anche il verdetto che essi stessi pronunciarono: “…il padron della vigna… farà perir malamente, cotesti scellerati…” Matteo 21:40, 41. Nel peccato e nel castigo di quegli uomini infedeli, i sacerdoti e gli anziani riconoscono il proprio comportamento e la propria giusta sorte. Allora si sente un grido di angoscia mortale. Più alto del grido: “Crocifiggilo, crocifiggilo!” che echeggiò per le vie di Gerusalemme, sale il lamento disperato: “Il Figlio di Dio! È il vero Messia!” Invano cercano di sottrarsi alla presenza del Re dei re; invano cercano di nascondersi nei crepacci aperti nella roccia dalla furia degli elementi.
Nella vita di tutti coloro che rifiutano la verità, vi sono momenti in cui la coscienza si risveglia, in cui la memoria rievoca il ricordo doloroso di una vita di ipocrisia, in cui l’anima è torturata dal rimpianto. Però che cosa sono tutte queste cose di fronte al rimorso di quel giorno “quando lo spavento vi piomberà addosso come una tempesta, quando la sventura v’investirà come un uragano…”? Proverbi 1:27. Coloro che avrebbero voluto eliminarli ora contemplano la gloria del Cristo e del suo popolo fedele. Con terrore odono le voci dei santi che esclamano con gioia: “Ecco, questo è il nostro Dio: in lui abbiamo sperato, ed egli ci ha salvati…” Isaia 25:9.
Mentre la terra trema, i lampi squarciano le nubi e il tuono fa udire il suo rumore sordo, la voce del Figlio di Dio richiama in vita i santi che dormono. Egli contempla le tombe dei giusti e alzando le mani verso il cielo grida: “Svegliatevi e giubilate, o voi che abitate nella polvere!” Isaia 26:19. In ogni angolo della terra, i morti udranno la sua voce e ritorneranno in vita. La terra intera risuonerà dei passi di quella folla immensa che viene da ogni nazione, tribù, lingua e popolo. I redenti lasciano la prigione della morte rivestiti di una gloria immortale ed esclamano: “O morte, dov’è la tua vittoria? O morte, dov’è il tuo dardo?” 1 Corinzi 15:55. Poi i giusti viventi e i santi risuscitati uniscono le loro voci in un lungo e trionfante grido di vittoria.
Tutti escono dalle tombe con la statura che avevano quando vi entrarono. Adamo, che è in mezzo alla folla dei risuscitati, si distingue per la sua altezza e per il suo portamento maestoso. Di statura leggermente inferiore a quella del Figlio di Dio, egli è in stridente contrasto con gli uomini delle ultime generazioni e ciò rivela la degradazione verificatasi nel genere umano.
Ognuno, però, risuscita con la freschezza e con il vigore di un’eterna giovinezza. L’uomo era stato creato a immagine di Dio, non soltanto dal punto di vista del carattere, ma anche nella forma e nell’apparenza. Il peccato deturpò e quasi cancellò l’immagine divina. Ma il Cristo essendo venuto a restaurare ciò che l’uomo aveva perso, trasformerà il nostro corpo mortale e lo renderà simile al suo corpo glorioso. Il corpo corruttibile, privo di bellezza, un tempo contaminato dal peccato, diventerà bello, perfetto e immortale. Ogni difetto, ogni deformità saranno lasciati nella tomba. Riammessi a nutrirsi dell’albero della vita, nell’Eden da tanto tempo perso, i redenti cresceranno (cfr. Malachia 4:2) fino a raggiungere la statura perfetta della struttura originale. Eliminate le ultime tracce della maledizione provocata dal peccato, i fedeli del Cristo appariranno nella bellezza dell’Eterno, il nostro Dio, riflettendo nella mente, nell’anima e nel corpo l’immagine perfetta del Signore.
Questa redenzione meravigliosa, di cui tanto si è parlato, nella quale tanto si è sperato e che è stata attesa così a lungo, con impazienza ma mai pienamente compresa, si è finalmente realizzata! I giusti viventi sono trasformati “in un momento, in un batter d’occhio”.
Alla voce di Dio essi erano stati glorificati, ora sono resi immortali e, insieme con i santi risuscitati, innalzati a incontrare il Signore nell’aria. Gli angeli raduneranno “i suoi eletti dai quattro venti, dall’un capo all’altro de’ cieli”. I bambini sono portati dagli angeli nelle braccia delle loro madri. Gli amici da tempo separati dalla morte sono nuovamente ricongiunti per non separarsi più, e tutti insieme, con canti di gioia, salgono verso la città di Dio.
Il carro formato dalla nuvola, con ai lati ali e ruote viventi, sale verso il cielo. Via via che si innalza, le ruote e le ali esclamano: “Santo!” La scorta degli angeli, a sua volta, ripete: “Santo, santo, santo è il Signore Dio, l’Onnipotente!” Apocalisse 4:8. I redenti gridano: “Alleluia!”, mentre il carro procede in direzione della nuova Gerusalemme.
Prima di entrare nella città di Dio, il Salvatore consegna agli eletti gli emblemi della vittoria e le insegne della regalità. Le schiere salgono, formando un quadrato, con al centro il loro Re, che si erge maestoso al di sopra dei santi e degli angeli. Egli volge il suo sguardo verso di loro con un’espressione di indicibile amore. Questa innumerevole folla di salvati, con gli occhi fissi su lui, contempla la gloria di colui il cui volto “…era disfatto… sì da non parer più un uomo, e il suo aspetto sì da non parer più un figliuol d’uomo”. Isaia 52:14. Il Cristo, con la sua mano destra pone la corona della gloria sulla fronte dei vincitori. Per ciascuno di essi c’è una corona che reca il suo “…nome nuovo…” (Apocalisse 2:17), e l’iscrizione “santità al Signore”. In ogni mano viene posta la palma della vittoria e un’arpa scintillante. Poi, degli angeli danno la nota e ogni mano tocca abilmente le corde dell’arpa ricavandone una musica dolce e melodiosa. Ogni cuore esulta e ogni voce esprime lodi e ringraziamenti. “…A lui che ci ama, e ci ha liberati dai nostri peccati col suo sangue, e ci ha fatti essere un regno e sacerdoti all’Iddio e Padre suo, a lui siano la gloria e l’imperio nei secoli dei secoli. Amen”. Apocalisse 1:5, 6.
Gli eletti sono giunti alla santa città. Il Cristo spalanca le porte di perle e le nazioni che sono rimaste fedeli alla verità entrano e contemplano il paradiso di Dio, la dimora di Adamo prima del peccato. Poi la voce più melodiosa e più8 soave che mai abbiano udito orecchie umane, dice: “Le vostre lotte sono finite.
“Venite, voi, i benedetti del Padre mio; eredate il regno che v’è stato preparato sin dalla fondazione del mondo”. Matteo 25:34.
Si adempie, allora, la preghiera del Salvatore per i suoi discepoli: “Padre, io voglio che dove son io, siano meco anche quelli che tu m’hai dati…” Giovanni 17:24. Essi sono “…Davanti alla sua gloria irreprensibili, con giubilo” (Giuda 24), il Cristo presenta al Padre i riscattati dal suo sangue, dicendo: “Ecco me e i miei figliuoli che tu mi hai dati. Quelli che tu mi hai dati io li ho anche custoditi”. Cfr. Giovanni 18:9. Come descrivere questo amore meraviglioso che redime! Che sensazioni straordinarie si proveranno nel momento in cui il Padre, contemplando i redenti, vedrà in essi la sua immagine, perché il peccato e il suo influsso sono stati eliminati e l’umano ha ritrovato la perfetta armonia con il divino.
Con una voce che esprime un profondo affetto, Gesù invita i suoi fedeli a partecipare alla gioia del loro Signore. La felicità del Salvatore deriva dal vedere nel suo regno di gloria, gli uomini salvati grazie alla sua sofferenza e alla sua umiliazione. I redenti parteciperanno alla sua gioia incontrando, fra i salvati, coloro che sono stati condotti al Cristo in seguito alle loro preghiere, alla loro opera e al loro sacrificio. Mentre essi si riuniscono intorno al grande trono bianco, una gioia profonda riempie i loro cuori quando si rendono conto che coloro che essi hanno condotto al Cristo, a loro volta hanno salvato altri. Tutti hanno ricevuto il dono della vita eterna: essi gettano le loro corone ai piedi di Gesù e lo lodano per l’eternità.
Mentre i redenti ricevono il benvenuto nella città di Dio, nell’aria si ode un grido di esultanza e di adorazione. I due Adami stanno per incontrarsi.
Il Figlio di Dio apre le sue braccia al padre del genere umano, all’essere da lui creato, che peccò contro il proprio Creatore e il cui errore ha lasciato sul corpo del Salvatore i segni della crocifissione. Quando Adamo scorge le cicatrici delle ferite prodotte dai chiodi non si getta fra le braccia del suo Signore, ma umilmente si prostra ai suoi piedi esclamando: “Degno è l’Agnello che è stato immolato…” Apocalisse 5:12. Il Salvatore lo rialza teneramente e lo invita a visitare nuovamente l’Eden, da cui era stato esiliato per così tanto tempo.
Dopo che Adamo fu scacciato dall’Eden, la sua vita sulla terra fu caratterizzata dalla tristezza. Ogni foglia che seccava, ogni vittima che veniva offerta in sacrificio, ogni alterazione della natura, ogni imperfezione morale: tutto rappresentava un ricordo costante del suo peccato. Fu terribile l’angoscia del suo rimorso nel vedere che il male progrediva e si diffondeva e nel ricevere, in risposta ai suoi avvertimenti, parole di rimprovero e di disprezzo che gli rinfacciavano di essere la causa del peccato. Con paziente umiltà egli sopportò per quasi mille anni le conseguenze della sua trasgressione. Sinceramente pentito del proprio peccato, confidò nei meriti del Salvatore promesso e morì con la speranza della risurrezione. Il Figlio di Dio riscattò l’uomo dal peccato e grazie alla sua opera di espiazione, Adamo è stato reintegrato nel suo dominio.