
Ci sono ancora tante storie da raccontare.
Notizie Avventiste – Sono passati ottant’anni dalla liberazione di Auschwitz, il 27 gennaio 1945. Di fronte a 7.000 prigionieri emaciati, i soldati sovietici liberatori rimasero scioccati e inorriditi. Ben presto il resto del mondo si unì a loro in quell’orrore. Questa data è ora il giorno in cui si ricorda la Shoah, le sue vittime, e quelle di altri atti di genocidio nel corso della storia.
Più di un milione di persone morirono in quel campo di concentramento, ed è solo una parte dello sterminio operato dai nazisti che uccisero quasi sei milioni di individui in totale. La maggior parte erano ebrei, ma vi erano anche zingari, disabili fisici e mentali, coloro che si opponevano al regime o erano visti come simpatizzanti ebrei.
Per il past. Victor Hulbert, già responsabile del Dipartimento Comunicazioni presso la Regione intereuropea della chiesa avventista, “il cristiano più noto a essere imprigionato fu il teologo protestante Dietrich Bonhoeffer. I nazisti lo impiccarono il 6 aprile 1945, dopo aver trascorso due anni in vari campi di concentramento. Tra le sue frasi più sagge, scrisse: ‘Il silenzio di fronte al male è esso stesso male‘”.
“Un’altra prigioniera cristiana” ricorda Hulbert “era Corrie ten Boom che, con la sua famiglia, aveva aiutato circa 800 ebrei a fuggire finché un vicino olandese non tradì. Il suo libro The Hiding Place e la successiva missione di perdono hanno avuto un impatto significativo”.
Ci sono ancora storie da raccontare
Dopo ottant’anni, la memoria di quella tragedia rischia di spegnersi con la scomparsa dei sopravvissuti ai lager nazisti. Ma ci sono ancora gli eredi di quei racconti, figli e nipoti che continuano a condividere le terribili esperienze dei loro cari che non ci sono più. Ne è un esempio la storia narrata dal past. Ryszard Jankowski, presidente emerito della Chiesa avventista in Polonia. Hulbert ha raccolto le sue parole in un video.
Racconta Jankowski: “Nel 1943, una vicina di casa di mia nonna andò alla Gestapo e disse che vi erano delle persone che osservavano il sabato. ‘Davvero? Bene’ risposero i nazisti. Poi vennero e portarono tutta la mia famiglia nei campi di concentramento. Alcuni furono deportati ad Auschwitz, mentre mia nonna e le sue tre figlie furono mandate a Ravensbrück. Non fu facile. Le ragazze sopravvissero ma lei no. Prima di morire, mia nonna chiamò le figlie e disse loro: ‘Siate fedeli al Signore, a Gesù Cristo che è un Salvatore meraviglioso ed è con noi in questa condizione. Siategli fedeli’. Dopo pochi giorni, morì. A casa mia mettiamo in pratica le sue parole e la Bibbia è sempre presente. Anche se siamo seguaci di Gesù, non è tutto semplice e facile. Quando imparo di più su Gesù e sul suo amore, penso: ‘Signore non sono degno di essere tuo servitore’. Ma lui è meraviglioso. Dio ci dà la possibilità di seguirlo e fa grandi cose nella nostra vita”.
La nonna di Jankowski morì in quel campo di concentramento, eppure instillò una fede tale nelle figlie che la sua influenza si diffuse nelle generazioni successive. Ottant’anni dopo, vi è una testimonianza vivente della sua fede. Seguendo la saggezza e l’esempio della nonna, il pastore ha dedicato la sua esistenza a condividere la buona notizia di Gesù e l’amore di Dio che la nonna aveva trovato, anche in un campo di concentramento. Il suo più grande desiderio è che un numero sempre maggiore di persone conosca quel Dio, anche nei momenti difficili.
“O uomo, egli ti ha fatto conoscere ciò che è bene; che altro richiede da te il Signore, se non che tu pratichi la giustizia, che tu ami la misericordia e cammini umilmente con il tuo Dio?” (Michea 6:8).
Per guardare il video in inglese, clicca qui.
[Fonte: ted.adventist.org/. Foto tratte dal video]
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La voce La memoria della Shoah 80 anni dopo è stata pubblicata per la prima volta su HopeMedia Italia.