La parola del giorno: grazia

Grazia non fa rima con merito o conquista. Un dono gratuito offerto da Dio solo per amore.

Robert McIver – Si sa che “grazia” significa favore immeritato di Dio. Questo è sottolineato in Romani 3:24, che dice letteralmente quanto segue: nonostante tutti abbiamo peccato, siamo “giustificati gratuitamente [dorean, senza costo per l’uomo] per la sua [di Dio] grazia”.
In effetti, è vero che grazia (charis in greco) è intesa nel senso di “favore” nel Nuovo Testamento, come per esempio in Luca 1:30, quando si dice che Maria ha trovato “grazia [favore] presso Dio” (cfr. Luca 2:52; Atti 2:47).
Già. La grazia è un dono che ci è dato da Dio, senza tenere alcun conto dei nostri meriti. Ma il punto spesso trascurato, secondo la consuetudine del mondo antico, è che accettare questo regalo immeritato comporta significativi obblighi per noi.

Permettetemi di illustrare il concetto raccontando la relazione tra un patrono e un cliente nell’antica Roma. Un patrono avrebbe fatto qualcosa di molto importante per un potenziale cliente. La gamma dei doni era enorme. Potevano includere un regalo in denaro, risolvere un problema legale, influenzare accordi commerciali, organizzare un matrimonio, ecc.

Accettando il dono, il cliente diventava parte della famiglia allargata del patrono. Spesso si incontravano all’inizio della giornata (insieme ad altri clienti), e in quel momento il patrono si informava sui loro bisogni. I regali e i favori, tuttavia, non andavano solo in un’unica direzione. Sebbene il cliente non potesse mai restituire al patrono ciò che gli era stato dato (sarebbe stato un grave insulto anche solo tentare di farlo), c’erano cose di cui il patrono aveva bisogno e che il cliente poteva fornirgli. Per esempio, essi stessi, la loro famiglia e tutte le persone che potevano influenzare, avrebbero votato per il candidato scelto dal patrono. In effetti, se il patrono avesse avuto bisogno di un qualsiasi servizio, il cliente si sarebbe affrettato a procurarglielo. Il prestigio e l’impatto erano costruiti sulla grandezza dei doni che un patrono era in grado di elargire, e sul numero di clienti che aveva. Il più grande patrono di tutti era l’imperatore, i cui doni potevano essere straordinari in termini di valore.

Lo stile di patronato che ho descritto appartiene alla cultura romana, non necessariamente a quella dei primi cristiani, anche se tutti ne erano a conoscenza, dato che vivevano sotto l’Impero romano.

Il patronato di quel tempo è solo un esempio ben approfondito di una relazione che esisteva ovunque nel mondo mediterraneo antico, incluse la Giudea e la Galilea. In quelle civiltà, la relazione tra patrono e cliente era reciproca. I clienti ricevevano un enorme favore o dono, ma in cambio restituivano al patrono tutto ciò che era nelle loro possibilità.

Coloro che scrissero il Nuovo Testamento e quanti lo ascoltarono per la prima volta, comprendevano in modo immediato cosa significasse ricevere un grande regalo immeritato. Questo stabiliva un rapporto, in cui il cliente faceva tutto ciò che era nelle sue disponibilità per soddisfare i desideri del suo patrono.

Ora che comprendiamo la relazione reciproca che si stabiliva nel mondo antico quando si accettava un grande dono, possiamo considerare il modo in cui il Nuovo Testamento parla di grazia. Dio ci ha offerto un dono enormemente costoso. Siamo stati redenti niente meno che dal costo della morte del Figlio di Dio (Romani 3:24,25). Se accettiamo il dono della salvezza di Dio, otteniamo immensi benefici come la giustificazione, il perdono e la vita eterna (Luca 24:47; Giovanni 3:16, 36; 5:24; Atti 2:38, 10:43).

Accogliere questo meraviglioso dono, dato da Dio a un costo così alto, pone aspettative significative sul credente cristiano. Egli non conduce una vita ispirata moralmente per essere salvato (la salvezza è un dono, offerto gratuitamente), ma vive in quel modo perché è salvato. Paolo lo esprime così. Si chiede: “che diremo dunque? Rimarremo forse nel peccato affinché la grazia abbondi?”, e dà questa risposta: “no di certo! Noi che siamo morti al peccato, come vivremmo ancora in esso?” (Romani 6:1,2).

(Robert McIver è professore della School of Ministry and Theology all’Avondale University College, in Australia)

[Fonte: record.adventistchurch.com / Tradotto da Veronica Addazio] §
[Immagine di copertina; motaztawfik su Pixabay.com]

La voce La parola del giorno: grazia è stata pubblicata per la prima volta su HopeMedia Italia.