Capitolo 39 - Tempi difficili - Parte 02
Mentre Satana accusa i figli di Dio in base ai loro peccati, il Signore gli dà il permesso di sottoporli alla prova più severa. La loro fiducia in Dio, la loro fermezza e la loro fede saranno duramente tentate. Nel rivedere il passato, le loro speranze si affievoliscono perché riconoscono solo poche cose buone nel corso di tutta la loro vita. Sono pienamente consapevoli della loro debolezza e della loro indegnità. Satana cerca di terrorizzarli con l’idea che il loro caso è disperato, che la macchia del loro peccato non potrà mai essere cancellata: egli spera, così, di riuscire ad annientare la loro fede, di farli cedere alla tentazione e di allontanarli da Dio.
Sebbene il popolo di Dio sia circondato da nemici che vogliono la sua distruzione, l’angoscia che esso prova non deriva dal timore della persecuzione per amore della verità, ma piuttosto dall’idea di non essersi pentito di ogni peccato e che questo impedisca l’adempimento della promessa: “…io ti guarderò dall’ora del cimento che ha da venire su tutto il mondo”. Apocalisse 3:10. Con la certezza del perdono non indietreggerebbe né davanti alla tortura né alla morte, ma teme di perdere la vita per i suoi difetti di carattere e di disonorare il nome santo di Dio.
I credenti odono ovunque parlare di complotti e tradimenti e vedono realizzarsi le conseguenze della ribellione. Questo fa nascere in loro l’ardente desiderio, quasi spasmodico, che finisca il regno dell’apostasia e della malvagità.
Mentre invocano Dio di porre un freno all’opera della ribellione, si rimproverano di non avere la forza di opporsi efficacemente alla marea crescente del male e di respingerla. Si rendono conto che se avessero usato le loro capacità al servizio del Cristo, se avessero costantemente nutrito la loro fede, Satana non avrebbero esercitato lo stesso potere nei loro confronti.
Chiedono nuovamente perdono a Dio, ricordandosi il loro precedente pentimento per i peccati commessi e si richiamano alla promessa del Salvatore: “Arresterebbe alcuno la mia forza? Faccia pur pace meco, faccia pur pace meco”. Isaia 27:5 (Diodati). La loro fede non si affievolisce anche se le loro preghiere non sono esaudite immediatamente. Nonostante l’intensa sofferenza, l’angoscia, il terrore e la distruzione, essi continuano a pregare. Si aggrappano alla potenza di Dio come Giacobbe si aggrappò all’angelo e ripetono con lui: “Non ti lascerò andare prima che tu m’abbia benedetto”.
Se Giacobbe non si fosse già pentito per il peccato commesso per ottenere con la frode il diritto di primogenitura, Dio non avrebbe ascoltato la sua0 preghiera e non gli avrebbe salvato la vita. Così il popolo di Dio, se nel “tempo di distretta”, mentre è torturato dal timore e dall’angoscia, vedesse presentarsi davanti a sé dei peccati non confessati, sarebbe sopraffatto; la sua fede crollerebbe ed egli non potrebbe più rivolgersi a Dio fiducioso di essere liberato. Però, pur avendo un preciso senso della propria indegnità, non ha peccati nascosti da rivelare: i suoi peccati sono già passati in giudizio, sono stati cancellati, perciò non saranno più ricordati.
Satana suggerisce a molti l’idea che Dio non prenderà in considerazione le loro infedeltà nelle cose secondarie della vita, ma il Signore nel suo modo di agire con Giacobbe dimostra che in nessun modo può approvare o tollerare il male. Chiunque cerca di scusare o di nascondere i propri errori o consente che essi rimangano scritti nei libri del cielo, non confessati e quindi non perdonati, sarà vinto da Satana. Più chiara sarà la sua professione di fede, più onorevole la posizione che occupa, più grave risulterà il suo comportamento agli occhi di Dio e più sicuro il trionfo del grande avversario. Coloro che rimandano la loro preparazione in vista del giorno del Signore, non potranno attuarla né durante il “tempo di distretta” né dopo. Il loro caso è disperato.
Coloro che si professano cristiani e giungeranno all’ultimo tremendo conflitto impreparati, nella loro disperazione confesseranno i propri peccati con parole di profonda angoscia, mentre gli empi esulteranno di questa loro sofferenza. Queste confessioni sono simili a quelle di Esaù e di Giuda: chi le fa si rammarica delle conseguenze della sua trasgressione ma non della colpa commessa. Essi non provano un vero pentimento e nessun orrore per il male.
Riconoscono il loro peccato per paura del castigo ma, come il faraone, se fosse loro risparmiato il giudizio sfiderebbero nuovamente il cielo.
La storia di Giacobbe rappresenta anche una garanzia del fatto che Dio non respingerà coloro che sono stati tentati, sedotti e trascinati nel peccato e poi sono ritornati a lui sinceramente pentiti. Mentre Satana cerca di distruggere questa categoria di persone, Dio invia i suoi angeli a consolarla e a proteggerla nell’ora del pericolo. Gli attacchi di Satana sono violenti e decisi; i suoi inganni sono terribili ma il Signore protegge il suo popolo ed è attento al suo grido.
Nonostante i figli di Dio soffrano molto e le fiamme del crogiolo sembrino sul punto di consumarli, il grande Affinatore li tirerà fuori come l’oro purificato nel fuoco. L’amore di Dio per le sue creature, nel momento più difficile della loro prova, è forte e tenero come nei giorni della loro prosperità, ma è necessario che essi siano posti nel crogiolo, affinché ogni scoria di mondanità sia consumata ed essi riflettano perfettamente l’immagine del Cristo.
Il periodo di angoscia e di sofferenza che si sta profilando all’orizzonte richiede una fede capace di sopportare la stanchezza, l’attesa e la fame; una fede che non venga meno neppure se duramente provata. Un periodo di grazia è accordato a tutti perché possano prepararsi per quel tempo. Giacobbe vinse perché fu perseverante e deciso. Tutti coloro che accetteranno come lui le promesse di Dio e saranno ferventi e perseveranti, riporteranno lo stesso successo. Chi non è disposto a rinunciare a se stesso, a pregare a lungo con fervore fino alla disperazione, per ricevere la sua benedizione, non potrà ottenerla. Lottare con Dio: sono pochi coloro che sanno cosa significhi! Sono pochi coloro che si lasciano attirare da Dio e lo cercano con tutta l’intensità di cui sono capaci! Quando una disperazione, che non si può descrivere a parole, si abbatte su chi prega, pochi sono coloro che si affidano alle promesse di Dio con fede incrollabile! Coloro che ora non esercitano la fede, corrono il grave rischio di essere vittime degli inganni di Satana e di accettare il decreto che intende soggiogare le coscienze. Anche se riusciranno a superare le prove nel “tempo di distretta”, si troveranno in uno stato di angoscia particolarmente profonda, perché non sono abituati a confidare in Dio. Dovranno imparare gli insegnamenti della fede che hanno trascurato sotto la terribile pressione dello scoraggiamento.
Dobbiamo confidare fin da ora sulle promesse di Dio. Gli angeli registrano ogni preghiera fervente e sincera. Dobbiamo rinunciare a soddisfare il nostro egoismo, piuttosto che trascurare la comunione con Dio. L’estrema povertà, la più dolorosa rinuncia accompagnata dalla sua approvazione sono preferibili alla ricchezza, agli onori, alle comodità e alle amicizie. Dedichiamo del tempo alla preghiera. A chi si lascia assorbire dagli interessi mondani, il Signore accorderà ancora un po’ di tempo, perché si sbarazzi degli idoli rappresentati dall’oro, dalle case e dai terreni fertili.
I giovani non si lascerebbero sedurre dal peccato, se rifiutassero di andare là dove non possono chiedere a Dio di accompagnarli con la sua benedizione.
Se i messaggeri che annunciano al mondo l’ultimo solenne avvertimento pregassero per ricevere la benedizione divina, non in modo freddo, formalistico e pigro, ma con fervore e fede, come fece Giacobbe, potrebbero ripetere spesso: “…ho veduto Iddio a faccia a faccia, e la mia vita è stata risparmiata”. Genesi 32:30. Allora agli occhi del Signore sarebbero come dei prìncipi, capaci di vincere la loro lotta con Dio e con gli uomini.
Il “tempo d’angoscia, quale non se n’ebbe mai” sta per sopraggiungere, e avremo bisogno di un’esperienza che ancora non possediamo e molti sono troppo indolenti per poterla conseguire. Accade spesso che le difficoltà sono considerate maggiori di quanto non lo siano in realtà, ma non sarà così per la crisi che ci attende. La più fervida immaginazione non è pari alla realtà. In quel tempo di prova, ogni uomo dovrà resistere da solo davanti a Dio. Anche se “…
Noè Daniele e Giobbe” fossero presenti, “com’è vero ch’io vivo, dice il Signore, l’Eterno, essi non salverebbero né figliuoli né figliuole; non salverebbero che le loro persone, per la loro giustizia”. Ezechiele 14:20.
Mentre il nostro Sommo Sacerdote compie la sua opera di propiziazione in nostro favore, noi dobbiamo cercare di raggiungere la perfezione in Cristo. Il2 nostro Salvatore non ha mai ceduto alla tentazione neppure con un solo pensiero. Satana, invece, trova sempre nei nostri cuori qualche punto debole che gli consente di penetrarvi. Un desiderio negativo accarezzato dà potenza alle sue tentazioni. Il Cristo, parlando di se stesso disse: “…viene il principe di questo mondo. Ed esso non ha nulla in me”. Giovanni 14:30. Satana non poté trovare nulla nel Figlio di Dio che gli permettesse di conseguire la vittoria. Gesù aveva osservato i comandamenti del Padre e in lui non c’era nessun peccato di cui Satana potesse servirsi a proprio vantaggio. Questa è la condizione in cui devono essere trovati coloro che vivranno nel “tempo di distretta”. È in questa vita che dobbiamo separarci dal peccato mediante la fede nel sacrificio espiatorio del Cristo. Il nostro amato Salvatore ci invita ad avvicinarci a lui, a unire la nostra debolezza alla sua forza, la nostra ignoranza alla sua sapienza, la nostra indegnità ai suoi meriti. La vita cristiana è la scuola in cui si impara la mansuetudine e l’umiltà di Gesù. Il Signore non ci indica la via che sceglieremmo noi perché ci sembra la più facile e la più piacevole, ma quella che conduce al vero traguardo della vita. Sta a noi collaborare con gli agenti celesti affinché ci aiutino a rendere i nostri caratteri conformi al modello divino. Trascurare o differire quest’esperienza significa esporsi a un gravissimo pericolo.
L’apostolo Giovanni udì in visione una gran voce nel cielo che diceva: “…
Guai a voi, o terra, o mare! Perché il diavolo è disceso a voi con gran furore, sapendo di non aver che breve tempo!” Apocalisse 12:12. Le scene che provocano questa esclamazione sono spaventose. L’ira di Satana aumenta nella misura in cui diminuisce il tempo a sua disposizione. Durante il “tempo di distretta”, la sua opera di seduzione e di distruzione raggiungerà il culmine.