
La parte del corpo più in basso, e che ci sostiene, ci fa pensare alle fondamenta del nostro essere cristiani. Rileggiamo l’episodio della guarigione dell’uomo paralitico da parte di Pietro e Giovanni, in Atti 3.
Carole Ferch-Johnson – Una scoperta rara è motivo di fascino per gli studiosi della Bibbia. Tra le sue molte parole, il Nuovo Testamento presenta diversi “reperti” singolari. Alcuni sono termini che compaiono una sola volta, come baseis citato nel racconto della guarigione del paralitico nel tempio in Atti 3:1-10. La parola (v. 7), in greco, non vuol dire niente di più che “piedi”.
Nonostante la loro utilità, i piedi sono tenuti in bassa considerazione dalle culture orientali e occidentali. Perché, allora, dovrebbero trovarsi al centro del miracolo inaugurale della chiesa cristiana? Dato che il termine comune greco per indicare le nostre estremità è podes, perché Luca, autore degli Atti, usa la parola rara baseis per definirli in questo contesto?
La risorsa più preziosa a cui Luca attinse per scrivere le sue due opere del Nuovo Testamento (il Vangelo e gli Atti degli Apostoli) era la traduzione greca dell’Antico Testamento: la Septuaginta (la Versione dei Settanta ndt). La maggior parte dei riferimenti a basis (piede, base), nella Settanta, riguarda il tabernacolo dell’Esodo o il tempio di Salomone. In entrambi i casi indica la base o il supporto su cui un oggetto poggia, oppure il piede o il punto più basso di una struttura rispetto al suolo.
Basi (baseis) d’argento (Esodo 26:19, 32) e di bronzo (Esodo 26:37; 27:10) sostenevano i pilastri eretti in tutto il tabernacolo, mentre l’altare dei sacrifici (Esodo 29:12) e la conca (Esodo 30:18, 28; 31:9) poggiavano su basi (baseis) di bronzo. Quando Mosè consacrò Aronne, i suoi figli e il tabernacolo stesso al servizio di Dio, incluse espressamente le basi (Levitico 8:11, 15).
Secoli dopo, il re Salomone realizzò una base (basis) di bronzo su cui si inginocchiò davanti a Dio per dedicargli il nuovo tempio (2 Cronache 6:13). In maniera significativa, i pilastri di bronzo del tempio con le loro basi (baseis), in Geremia 52:17, furono poi frantumati dai Caldei e portati via in pezzi a Babilonia.
In Atti 3, l’uomo paralitico era seduto a terra nel cortile del secondo tempio. Come le fondamenta del tempio in rovina di Salomone, abbattute insieme alle loro basi frantumate (baseis), anche il paralitico era stato deposto a terra con i piedi che non si potevano muovere (baseis). Trovandolo lì, come un pilastro caduto, Pietro e Giovanni lo sollevarono e risanarono le sue baseis (piedi) danneggiate. Questo miracolo, avvenuto all’interno dei confini del tempio, segnò l’inizio della restaurazione d’Israele nell’era messianica.
La guarigione introdusse un nuovo Israele con un tempio spirituale formato da quanti credevano in Gesù. Sarebbe stata la potenza dello Spirito Santo, non le mani umane, a edificare questo tempio. Lo simboleggiava proprio il primo miracolo compiuto da Pietro e Giovanni.
Oltre al miracolo di Atti 3, il Nuovo Testamento continua a descrivere la natura del tempio spirituale (1 Corinzi 3:16,17; 2 Corinzi 6:16; Efesini 2:19-22). Lo stesso Gesù confermò che i suoi pilastri, presumibilmente con le loro baseis (basi), sarebbero stati il suo popolo: “Chi vince io lo porrò come colonna nel tempio del mio Dio, ed egli non ne uscirà mai più” (Apocalisse 3:12).
Così, la distruzione del tempio di Salomone, personificata nella condizione dell’uomo paralitico di Atti 3, fu ribaltata attraverso la sua guarigione.
Evidentemente c’è una continuità particolare in questa transizione del tempio dalla sua forma nell’Antico Testamento alla realtà nel Nuovo Testamento: un collegamento che ha dato a Luca una giustificazione per usare la parola baseis per indicare i piedi.
Forse ci aiuta a spiegare perché Luca abbia scelto un termine raro in Atti 3:7 e perché la guarigione dei piedi paralizzati fosse così significativa nella nascita della chiesa cristiana.
(Carole Ferch-Johnson è docente presso l’Avondale University College in Australia)
[Fonte: record.adventistchurch.com / Tradotto da Veronica Addazio]
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