Capitolo 07 - Lutero si separa da Roma - Parte 02

Lutero, pensando alla sua posizione tremava: un uomo che si opponeva alle potenze della terra! Talvolta lo assaliva il dubbio: era stato davvero inviato da Dio per opporsi all’autorità della chiesa? “Chi ero io” scriveva “per oppormi alla maestà del papa, davanti al quale… i re della terra e il mondo intero tremavano?… Nessuno può sapere quanto il mio cuore soffrì in quei primi due anni e in quale desolazione, oserei quasi dire disperazione, ero piombato”. Lutero, però, non si perse d’animo perché, quando venne a mancare l’appoggio umano, si rivolse a Dio con la certezza di potersi affidare fiducioso al suo braccio onnipotente.
Lutero scrisse a un amico della Riforma: “Non possiamo pervenire alla comprensione della Scrittura con il semplice studio o con la sola intelligenza.
Il tuo primo dovere è cominciare a pregare. Chiedi a Dio di accordarti, nella sua grande misericordia, la facoltà di capire la sua Parola. Non c’è altro interprete all’infuori del suo Autore. Egli stesso lo ha dichiarato: “Essi saranno tutti ammaestrati da Dio”. Non aspettarti nulla dai tuoi sforzi, dal tuo raziocinio, ma affidati completamente e unicamente a Dio e all’azione del suo Spirito. Credi alla parola di un uomo che ne ha fatta l’esperienza”. Ecco una lezione di vitale importanza per chi si sente chiamato a presentare agli altri le solenni verità relative al nostro tempo. Queste verità provocheranno l’ostilità di Satana e degli uomini che preferiscono le sue menzogne. Nella lotta contro le potenze del male non sono sufficienti l’intelligenza e la sapienza umana.
LUTERO SI SEPARA DA ROMA 105 Quando i nemici facevano appello alle consuetudini, alla tradizione, oppure alle affermazioni e all’autorità del papa, Lutero li affrontava con la Bibbia. In essa vi erano argomentazioni alle quali non potevano replicare.
Gli schiavi del formalismo e delle superstizioni chiesero la sua morte, come i giudei avevano chiesto il sangue del Cristo. “È un eretico!” gridavano gli zeloti romani. “È alto tradimento nei confronti della chiesa lasciare che un simile eretico viva un’ora di più. Che si innalzi subito il patibolo!”17 Lutero, però, non fu vittima del loro furore: Dio aveva previsto che egli realizzasse un’opera importante e gli angeli del cielo furono inviati a proteggerlo. Molti, però, che avevano accettato il suo prezioso messaggio furono oggetto dell’ira di Satana e per amore della verità affrontarono coraggiosamente la tortura e la morte.
Gli insegnamenti di Lutero richiamarono in tutta la Germania l’attenzione di uomini sensibili e intelligenti. Dai suoi sermoni e dai suoi scritti scaturivano messaggi che risvegliavano e illuminavano migliaia di persone. Una fede vivente sostituiva l’arido formalismo in cui la chiesa era stata tenuta per così tanto tempo. La gente ogni giorno perdeva fiducia nelle superstizioni del papa e crollavano, a una a una, le barriere del pregiudizio. La Parola di Dio, con la quale Lutero affrontava ogni dottrina e ogni pretesa della chiesa, era simile a una spada a due tagli che penetrava nel cuore del popolo. Ovunque si notavano il risveglio e il desiderio di progresso spirituale e si manifestavano fame e sete di giustizia, fenomeni che non si erano più verificati da secoli. La gente, che per tanto tempo si era rivolta a riti umani e a mediatori terreni, ora si volgeva con fede e pentimento al Cristo.
Questo interesse dilagante contribuì ad accrescere i timori delle autorità papali. Lutero fu invitato a presentarsi a Roma per rispondere dell’accusa di eresia. L’ordine riempì di sgomento i suoi amici, i quali sapevano molto bene di quale pericolo fosse minacciato in quella città, già ebbra del sangue dei martiri di Gesù. Essi protestarono contro tale ordine e chiesero che Lutero venisse giudicato in Germania.
L’accordo fu raggiunto e il papa nominò un suo legato perché si occupasse del caso. Nelle direttive impartite dal pontefice, il legato fu avvertito che Lutero era già stato dichiarato eretico e fu invitato a “procedere e costringere senza tardare”. Qualora Lutero fosse rimasto sulle sue posizioni, il legato, se non fosse riuscito a impadronirsi di lui, aveva ampia facoltà di “dichiararlo proscritto in ogni parte della Germania e di esiliare, maledicendo e scomunicando, chiunque si fosse unito a lui”. Oltre a ciò il papa suggerì al legato, nell’intento di estirpare l’eresia, di scomunicare tutti coloro che, indipendentemente dall’incarico rivestito, ed eccezion fatta per l’imperatore, si fossero rifiutati di arrestare Lutero e i suoi seguaci, per consegnarli alla vendetta di Roma.
Ecco come si manifestò il vero spirito del papato. Nessuna traccia di princìpi cristiani o di comune giustizia si può trovare in tutto il documento. Lutero abitava molto lontano da Roma e non aveva nessuna possibilità di spiegare o di difendere la sua posizione; eppure, ancor prima che il suo caso fosse preso in considerazione, egli era stato dichiarato eretico e nello stesso giorno esortato, accusato, giudicato e condannato. Tutto questo per opera del “santo padre”, dell’unica autorità suprema e infallibile nella chiesa e nello stato! Fu allora, quando cioè Lutero sentiva un vivo bisogno di simpatia e di consigli, che Dio inviò Melantone a Wittenberg. Giovane, modesto, cauto, ma sicuro del suo giudizio, in possesso di una vasta cultura, ricco di un’eloquenza trascinatrice, il tutto unito alla purezza e alla rettitudine del carattere, Melantone seppe conquistarsi la stima e l’ammirazione generali. La ricchezza dei suoi talenti non era meno importante della bontà del suo animo. Egli divenne ben presto fervente discepolo del Vangelo, fedele amico di Lutero e suo sostenitore. La sua gentilezza, la sua prudenza e il suo tatto completavano adeguatamente il coraggio e l’energia di Lutero. La loro unione rafforzò l’opera della Riforma e per Lutero fu fonte di grande incoraggiamento.
La città di Augusta era stata designata come sede dell’incontro. Il riformatore si mise in viaggio, a piedi, per raggiungere questa località. Seri timori venivano espressi per la sua incolumità. Infatti, era stato detto apertamente che sarebbe stato catturato e ucciso durante il viaggio. I suoi amici lo scongiurarono di non affrontare un’avventura così rischiosa e giunsero perfino a suggerirgli di abbandonare Wittenberg per un po’ di tempo e di rifugiarsi presso chi, con gioia, gli avrebbe offerto un asilo sicuro. Egli, però, non intendeva abbandonare il posto assegnatogli da Dio: sentiva di dover sostenere fedelmente la verità, nonostante le avversità che lo minacciavano. Diceva: “Io sono come Geremia: uomo di lotte e di discordie, ma più aumentano le minacce, più aumenta la mia gioia… Essi hanno distrutto il mio onore e la mia reputazione. Rimane solo questo mio povero corpo. Se lo prendano! Abbrevieranno la mia vita di poche ore. Però, quanto all’anima, essi non possono prenderla. Chi vuole proclamare al mondo la verità del Cristo deve aspettarsi la morte a ogni istante”. La notizia dell’arrivo di Lutero ad Augusta riempì di soddisfazione il legato pontificio. Il “turbolento eretico”, che attirava sempre più l’attenzione del mondo, ora sembrava in balia di Roma. Il legato decise di non lasciarselo sfuggire. Il riformatore non aveva un salvacondotto e i suoi amici lo avevano esortato a non presentarsi davanti al legato senza questo documento. Si erano anzi impegnati per procurargliene uno rilasciato dall’imperatore. Il legato intendeva costringere Lutero a ritrattare e, qualora non vi fosse riuscito, mandarlo a Roma dove avrebbe condiviso la sorte di Hus e di Gerolamo. Per questo, tramite i suoi agenti, cercava di indurre Lutero LUTERO SI SEPARA DA ROMA 107 a presentarsi a lui senza salvacondotto, affidandosi alla sua misericordia. Il riformatore rifiutò energicamente di accettare tale richiesta e si presentò all’ambasciatore papale solo dopo aver ricevuto il documento che gli garantiva la protezione dell’imperatore.
Con un abile mossa politica, i partigiani del papa avevano deciso di conquistare Lutero con un’apparente benevolenza. Il legato, nel colloquio che ebbe con lui, si dimostrò amabile, ma invitò Lutero a sottomettersi implicitamente all’autorità della chiesa e a rinunciare senza discutere, alle proprie idee. Egli non aveva valutato correttamente il carattere dell’uomo che aveva davanti. Lutero, rispondendo, espresse il proprio rispetto per la chiesa, il proprio desiderio di verità, la propria prontezza a replicare a tutte le obiezioni relative al suo insegnamento e si dichiarò pronto a sottoporre le proprie dottrine alla decisione delle università più importanti. Però, allo stesso tempo, protestò contro l’invito del cardinale che gli chiedeva di ritrattare, senza dimostrargli quale fosse il suo errore.
La risposta fu: “Ritratta! Ritratta!” Il riformatore dimostrò come la sua posizione fosse sostenuta dalle Scritture e dichiarò con fermezza che non avrebbe mai rinunciato alla verità. Il legato, incapace di controbattere alle argomentazioni di Lutero, lo investì con una valanga di rimproveri, di sarcasmi e di lusinghe, inserendo qua e là citazioni tratte dalla tradizione dei padri e senza dare mai la parola al riformatore. Lutero, visto che la conversazione era del tutto inutile, chiese e ottenne, sia pure con riluttanza, di poter rispondere per iscritto.
“In questo modo” egli scrisse a un amico “chi è oppresso ha un duplice vantaggio: in primo luogo, quello che è scritto può essere sottoposto al giudizio altrui; inoltre, si ha una migliore possibilità di agire sui timori, se non sulla coscienza, di un despota arrogante e prolisso che, diversamente, finirebbe per avere il sopravvento con il suo tono minaccioso”. In occasione del colloquio successivo, Lutero presentò un’esposizione chiara, concisa e convincente delle proprie idee, accompagnata da numerose e adeguate citazioni bibliche. Dopo averla letta ad alta voce, la consegnò al cardinale che, con un gesto di disprezzo, la mise da parte e disse che si trattava solo di una serie di parole oziose e di citazioni senza importanza. A questo punto, Lutero affrontò l’altezzoso prelato sul suo stesso terreno, tradizioni e insegnamenti della chiesa, confutando tutte le sue affermazioni.
Quando il legato si rese conto che il ragionamento di Lutero non poteva essere confutato, perse il controllo e gridò furibondo: “Ritratta o ti manderò a Roma per comparire davanti ai giudici incaricati di esaminare il tuo caso! Io scomunicherò te, i tuoi sostenitori e tutti coloro che vorranno sostenerti e li caccerò dalla chiesa!” Poi, con tono altezzoso e collerico aggiunse: “Ritratta o non ripresentarti mai più davanti a me”. Il riformatore si ritirò, accompagnato dai suoi amici, facendo chiaramente comprendere che da lui non ci si doveva aspettare alcuna ritrattazione. Questo, però, non era quello che si era ripromesso il cardinale. Il legato si era illuso di riuscire, con la violenza, a indurre Lutero a sottomettersi. Rimasto solo con i suoi collaboratori, li guardò uno a uno, deluso e contrariato dall’inattesa conclusione.
Gli sforzi fatti da Lutero in quell’occasione non rimasero senza risultato. I numerosi presenti avevano avuto modo di confrontare i due uomini e di giudicare personalmente lo spirito da essi manifestato, come anche di valutare la forza e la veracità delle rispettive posizioni. Quale contrasto! Il riformatore, semplice, umile, impavido, si presentava sostenuto dalla potenza di Dio, con la verità dalla sua parte. Il rappresentante del papa, orgoglioso, ambizioso, intrattabile e privo di qualsiasi argomentazione scritturale, gridava: “Ritratta! O sarai inviato a Roma per esservi giustiziato”.
Nonostante Lutero fosse munito di un regolare salvacondotto, i partigiani del papa complottavano per arrestarlo e chiuderlo in carcere. Gli amici del riformatore insistevano che era inutile prolungare il soggiorno ed era meglio per lui rientrare a Wittenberg senza indugiare, dopo aver preso le necessarie precauzioni per nascondere i propri spostamenti. Egli, allora, lasciò Augusta prima dell’alba, a cavallo, accompagnato solo da una guida fornitagli dal magistrato. Con tristi presentimenti, percorse in silenzio, per non richiamare l’attenzione dei nemici che vigilanti e crudeli complottavano per la sua morte, le oscure e strette vie della città. Sarebbe riuscito a sottrarsi alle insidie che lo minacciavano? Quelli furono momenti di angoscia e preghiere ferventi.
Finalmente giunse a una piccola porta che si apriva nel muro che cingeva la città. Essa venne aperta e una volta fuori i due si affrettarono ad allontanarsi, prima che il legato fosse messo al corrente dell’accaduto. Quando egli seppe della fuga, Lutero e la sua guida erano ormai fuori tiro. Satana e i suoi complici erano stati sconfitti: l’uomo che volevano far prigioniero era partito, sottraendosi come “un uccello, al laccio dell’uccellatore”. All’annuncio della scomparsa di Lutero, il legato rimase sorpreso e si abbandonò a un eccesso di collera. Egli sperava di ricevere grandi elogi per la saggezza e la fermezza dimostrate nel trattare con questo elemento “disturbatore” della chiesa. Purtroppo le sue speranze erano svanite. In una lettera a Federico, elettore di Sassonia, egli manifestò la propria contrarietà, denunciando con odio Lutero e invitando Federico a mandare il riformatore a Roma, oppure a bandirlo dalla Sassonia.
A sua difesa, Lutero chiese che il legato, oppure il papa, dimostrasse con la Bibbia quali fossero i suoi errori e si impegnò solennemente a rinunciare alle proprie dottrine qualora esse fossero risultate in contrasto con la Parola di Dio. Inoltre, egli espresse la propria gratitudine al Signore che lo aveva considerato degno di soffrire per una causa così santa.
LUTERO SI SEPARA DA ROMA 109 L’elettore possedeva solo una parziale conoscenza delle dottrine del riformatore, ma era rimasto profondamente impressionato dal candore, dalla forza e dalla chiarezza delle parole di Lutero. Fintanto che il riformatore non fosse stato convinto dei suoi errori, Federico era deciso a proteggerlo. In risposta alla richiesta del legato, scrisse: “Poiché Martin Lutero si è presentato ad Augusta, lei dovrebbe esserne soddisfatto. Non ci aspettavamo che si sarebbe impegnato per indurlo a ritrattare, senza prima averlo convinto dei suoi errori. Nessuno dei dotti del nostro principato mi ha informato che la dottrina di Martin Lutero sia empia, anticristiana o eretica”. Così, il principe rifiutò di inviare Lutero a Roma o di espellerlo dai suoi stati. L’elettore aveva notato la generale rilassatezza esistente nel campo della moralità sociale e si era reso conto della necessità di un’opera di riforma. I complicati e dispendiosi provvedimenti presi per reprimere e per punire le azioni illegali sarebbero risultati inutili se gli uomini non si fossero decisi a riconoscere e a rispettare le esigenze divine e i dettami di una coscienza illuminata. Egli vide che Lutero voleva attuare tale obiettivo e, segretamente, si rallegrava che nella chiesa fosse penetrata e operasse una ventata di miglioramento.
Si convinse, inoltre, che Lutero fosse un ottimo professore universitario.
Era trascorso solo un anno da quando il riformatore aveva affisso le tesi sulla porta della chiesa del castello e già si notava una forte diminuzione del numero di pellegrini che per la festa di Ognissanti visitavano quella chiesa.
Roma veniva privata di adoratori e di offerte, sostituita da un’altra categoria di persone: a Wittenberg non giungevano pellegrini che adoravano le reliquie, ma studenti che affollavano le aule universitarie. Gli scritti di Lutero avevano suscitato ovunque un nuovo interesse per le Sacre Scritture e così gli studenti affluivano a quell’università non solo dalla Germania, ma da altre nazioni. Dei giovani, arrivando per la prima volta in vista di Wittenberg, “alzavano le braccia al cielo e lodavano Dio che aveva fatto risplendere da quella città, come anticamente da Sion, la luce della verità, luce che doveva estendersi alle regioni più remote”. Intanto Lutero si era solo parzialmente convertito dagli errori del papato.
Comunque, confrontando le Scritture con i decreti e i dogmi papali, rimaneva stupito. “Io leggo” scriveva “i decreti dei pontefici e… non so se il papa è l’anticristo stesso o il suo apostolo, tanto in essi il Cristo viene travisato e crocifisso”. Lutero era sempre un sostenitore della chiesa di Roma e neppure lontanamente immaginava di doversene separare.
Gli scritti del riformatore e le sue dottrine si diffondevano in ogni nazione del mondo cristiano. L’opera si propagava in Olanda e in Svizzera. Copie dei suoi scritti raggiunsero la Francia e la Spagna. In Inghilterra, i suoi insegnamenti furono accolti come parole di vita. Il messaggio si diffuse anche in0 Belgio e in Italia. Migliaia di persone si scuotevano dal loro torpore mortale e aprivano gli occhi alla gioia e alla speranza di una vita di fede.
Roma si preoccupava sempre più degli attacchi di Lutero e alcuni fanatici avversari del riformatore, come anche professori di università cattoliche, affermarono che chi avesse ucciso il monaco ribelle non avrebbe commesso peccato. Un giorno uno sconosciuto, con una pistola nascosta sotto il mantello, si avvicinò a Lutero e gli chiese perché andasse in giro da solo. “Io sono nelle mani di Dio” fu la risposta. “Egli è la mia forza e il mio scudo. Che cosa può farmi l’uomo?”25 A queste parole l’uomo impallidì e fuggì come se si fosse trovato in presenza degli angeli del cielo.
Roma pensava a eliminare Lutero, ma Dio lo difendeva. Le sue dottrine echeggiavano ovunque “nelle case di campagna, nei conventi… nei castelli dei nobili, nelle università e perfino nei palazzi dei re. Ovunque, nobiluomini si schieravano come suoi difensori per sostenerlo nella sua opera”. Fu in quell’epoca che Lutero, leggendo le opere di Hus, si rese conto che la grande verità della giustificazione per fede, che voleva sostenere e proclamare, era già nota al riformatore boemo. “Noi siamo tutti: Paolo, Agostino e io stesso, degli hussiti senza saperlo… Certo Dio ricorderà al mondo che tale verità è stata predicata un secolo fa ed è stata bruciata”. In un appello rivolto all’imperatore e alla nobiltà tedesca, in favore della Riforma del cristianesimo, Lutero scrisse nei confronti del papa: “È triste vedere l’uomo che si definisce vicario del Cristo fare sfoggio di un fasto che nessun imperatore può uguagliare. Egli è simile al povero Gesù e all’umile Pietro? Dicono che egli sia il signore del mondo! Ma il Cristo, del quale egli si vanta di essere il vicario ha detto: “Il mio regno non è di questo mondo!” Possono i domini di un vicario oltrepassare quelli del suo superiore?”28 A proposito delle università egli scrisse: “Io temo che se le università non si impegnano a spiegare le Sacre Scritture e a imprimerle nel cuore dei giovani, finiranno per diventare le porte dell’inferno. Sconsiglio di iscrivere i figli in scuole nelle quali lo studio della Scrittura non ha il primo posto. Ogni istituzione dove non si consulta sempre la Parola di Dio, si corrompe”. Questo appello si diffuse rapidamente in tutta la Germania e colpì l’opinione pubblica. Tutta la nazione fu scossa e molti si schierarono in favore della Riforma.
I nemici di Lutero, assetati di vendetta, insistettero presso il papa perché adottasse misure energiche nei suoi confronti. Fu decretato, allora, che le dottrine luterane venissero immediatamente condannate. Al riformatore e ai suoi seguaci furono concessi sessanta giorni di tempo per ritrattare.
Trascorso tale termine essi, qualora avessero rifiutato di abiurare sarebbero stati scomunicati.
Per la Riforma si trattava di un periodo particolarmente critico. Per secoli, la scomunica da parte di Roma aveva suscitato il terrore dei monarchi e riempito di sgomento e di desolazione potenti imperi. Coloro sui quali si abbatteva la condanna venivano universalmente guardati con paura e orrore, abbandonati da tutti, considerati dei fuorilegge, votati allo sterminio. Lutero era consapevole della tempesta che stava per esplodere, però rimase saldo nelle sue posizioni, confidando in Cristo, suo sostegno e suo aiuto. “Io non so quello che accadrà, né mi preoccupo di saperlo… Il fulmine si abbatta dove vuole: io non ho paura. Siccome si dice che non cade foglia che Dio non voglia, è certo che egli avrà cura di noi. Morire per la Parola è una bella esperienza, perché la Parola che si è fatta carne ha subito anch’essa la morte. Se noi moriamo con lui, potremo anche vivere con lui. Facendo il suo stesso percorso, ci ritroveremo insieme e vivremo per sempre con lui”. Quando Lutero ricevette la bolla papale esclamò: “Io la disprezzo e la combatto perché empia e falsa… Cristo stesso vi è condannato. Sono contento di dover sopportare queste difficoltà per una grande causa. Sento già nel mio cuore una maggiore libertà perché finalmente so che il papa è l’anticristo e che il suo trono è il trono di Satana”. Il documento papale produsse i suoi effetti. Il carcere, la tortura e la spada erano armi potenti, capaci di ridurre all’ubbidienza. I deboli e i superstiziosi tremavano per questo decreto e molti, pur simpatizzando per Lutero, non erano disposti a rischiare la propria vita per la causa della Riforma.
Apparentemente l’opera del riformatore sembrava conclusa.
Lutero, coraggiosamente, non cambiò posizione. Roma aveva scagliato contro di lui i suoi anatemi e il mondo stava a guardare, nella certezza che si sarebbe adeguato o sarebbe morto. Invece, contrariamente a ogni previsione, Lutero riuscì a fare in modo che la sentenza di condanna si ritorcesse contro chi l’aveva emessa e affermò pubblicamente la propria decisione di abbandonare Roma per sempre. In presenza di una folla di studenti, professori e cittadini di ogni ceto, bruciò la bolla papale, copie delle leggi del diritto canonico, dei decreti e di altri scritti che attestavano l’autorità del papa. “I miei nemici, bruciando i miei libri” disse “sono riusciti a offendere la verità e, turbando la mente, a distruggere lo spirito. Per questo motivo, io a mia volta, distruggo i loro libri. Ora comincia una grande lotta; finora ho solo scherzato con il papa.
Ho iniziato quest’opera nel nome di Dio ed essa proseguirà, anche senza di me, con la sua potenza”. Alle accuse dei nemici che sottolineavano la debolezza della sua causa, Lutero rispose: “Chissà se Dio non ha scelto e chiamato proprio me, e se essi, disprezzandomi, non disprezzano Dio stesso? Mosè era solo quando lasciò l’Egitto; Elia era solo al tempo del re Acab; Isaia era solo a Gerusalemme ed Ezechiele in Babilonia… Dio non ha mai scelto come profeta un sommo2 sacerdote o qualche altro grande personaggio. Generalmente ha scelto uomini umili e disprezzati, ha perfino scelto Amos, un mandriano. In ogni tempo i santi hanno dovuto rimproverare i grandi: re, prìncipi, sacerdoti, a rischio della propria vita… Io non dico di essere un profeta, però affermo che essi devono temere proprio perché mentre io sono solo, essi sono tanti. Di una cosa sono certo: la Parola di Dio è con me e non con loro”. Comunque, solo dopo una tremenda lotta con se stesso, Lutero si decise a separarsi dalla chiesa. A quell’epoca egli scrisse: “Sento ogni giorno di più quanto sia difficile liberarsi da quegli scrupoli che ci sono stati inculcati fin dall’infanzia. Quanto dolore ho provato, nonostante avessi il sostegno delle Scritture, nel dover prendere posizione contro il papa e denunciarlo come l’anticristo! Quale angoscia ho provato! Quante volte mi sono chiesto, con amarezza, quello che così spesso ritorna sulle labbra dei sostenitori del papa: “Solo tu sei saggio? È possibile che tutti gli altri si siano sbagliati? Che ne sarebbe di te se risultasse che ti stai sbagliando e che con questo tuo errore trascini tanti uomini che saranno eternamente dannati?” È così che io ho combattuto con me stesso e con Satana fino a quando il Cristo, con la sua infallibile Parola, non ha fortificato il mio cuore per risolvere questi dubbi”. Il papa aveva minacciato Lutero di scomunica se non avesse ritrattato. La minaccia si concretizzò: fu emanata una bolla che dichiarava Lutero separato dalla chiesa di Roma e maledetto da Dio. Nella stessa condanna erano inclusi tutti coloro che avessero accettato le sue dottrine. Era iniziata la grande battaglia. L’opposizione è la sorte di tutti coloro di cui Dio si serve per presentare la verità alla loro generazione. Ai tempi di Lutero vi era una verità presente che rivestiva un’importanza particolare. Anche oggi viene rivolto alla chiesa un messaggio speciale. Colui che guida il mondo secondo la sua volontà, ha pensato di chiamare gli uomini in varie occasioni per affidare loro un messaggio speciale per il tempo nel quale vivono e adatto alle condizioni in cui si trovano. Se apprezzeranno il messaggio ricevuto, essi vedranno aprirsi davanti a loro ampi orizzonti. Purtroppo, però, la verità oggi non è apprezzata più di quanto lo fosse dai sostenitori del papa che si opponevano a Lutero. Attualmente, come nel passato, esiste la stessa tendenza ad accettare le teorie e le tradizioni umane al posto della Parola di Dio. Oggi, coloro che proclamano la verità, non dovrebbero aspettarsi di essere accolti più favorevolmente dei primi riformatori. Il grande conflitto fra la verità e l’errore, fra il Messia e Satana, andrà aumentando di intensità fino alla fine della storia di questo mondo.
Gesù disse ai suoi discepoli: “Se foste del mondo, il mondo amerebbe quel ch’è suo; ma perché non siete del mondo, ma io v’ho scelti di mezzo al mondo, perciò vi odia il mondo. Ricordatevi della parola che v’ho detta: Il servitore non è da più del suo signore. Se hanno perseguitato me, perseguiteranno anche voi; se hanno osservato la mia parola, osserveranno anche la vostra”. Giovanni 15:19, 20. In un’altra occasione il Maestro disse: “Guai a voi quando tutti gli uomini diran bene di voi, perché i padri loro facean lo stesso coi falsi profeti”. Luca 6:26. Lo spirito del mondo oggi non è in armonia con lo Spirito del Cristo più di quanto lo fosse allora. Coloro che annunciano la Parola di Dio in tutta la sua purezza, non saranno accolti più favorevolmente di un tempo. Le forme dell’opposizione alla verità possono cambiare e forse sembrare meno evidenti, perché più sottili, ma lo stesso antagonismo esiste sempre e si manifesterà fino alla fine dei tempi.