Capitolo 17 - Promesse del ritorno del Cristo - Parte 02

Solo gli uomini sapevano che non era notte…
Il dr. Nathanael Wittaker, pastore della chiesa del Tabernacolo di Salem, organizzò delle funzioni religiose, nel corso delle quali pronunciò un sermone in cui sostenne che quelle tenebre erano soprannaturali. Anche in altre località si fecero riunioni analoghe. I passi biblici scelti per questi sermoni improvvisati erano invariabilmente quelli che sembravano indicare come tali tenebre fossero in piena armonia con le predizioni bibliche… Le tenebre divennero ancora più fitte dopo le undici del mattino”. “Nella maggior parte del paese le tenebre erano così dense che non era possibile vedere l’ora all’orologio, né pranzare né accudire alle abituali faccende domestiche senza la luce della candela…
Questa oscurità ebbe un’estensione straordinaria. Basti pensare che fu osservata a oriente fino a Falmouth, a occidente fino all’estremità del Connecticut, a meridione fino alle coste del mare e a settentrione fino all’estremità dei possedimenti americani”. Alle fitte tenebre del giorno seguirono, un’ora o due prima del tramonto, un cielo parzialmente chiaro e il sole fece una timida apparizione, seminascosto da una nuvola oscura. “Dopo il tramonto le nubi si addensarono nuovamente e il buio si fece più intenso. Le tenebre di quella notte non furono meno straordinarie e paurose di quelle del giorno. Sebbene ci fosse il plenilunio, era impossibile vedere qualcosa senza l’aiuto di una luce artificiale che, vista dalle case vicine oppure a distanza, appariva soffocata da un buio fitto come quello dell’Egitto”. 15Un testimone oculare riferisce: “Io non potei fare a meno di pensare che se ogni corpo luminoso dell’universo fosse stato avvolto da tenebre impenetrabili o addirittura soppresso, il buio non sarebbe stato più completo di così”. Anche se verso le nove di sera la luna era al culmine del suo splendore “non riuscì a dissipare le tenebre”. Dopo mezzanotte le tenebre scomparvero e la luna apparve come un globo di sangue.
Il 19 maggio 1780 è passato alla storia come “giorno oscuro”. Dal tempo di Mosè in poi non c’è mai stato un fenomeno che per intensità, estensione e durata possa essere paragonato a quello. La descrizione dell’evento, come viene fatta dai testimoni oculari, sembra l’eco delle parole del Signore contenute nel libro del profeta Gioele, che risale a oltre venticinque secoli prima del loro adempimento: “Il sole sarà mutato in tenebre e la luna in sangue prima che venga il grande e terribile giorno dell’Eterno”. Gioele 2:31.
Il Cristo aveva esortato il suo popolo a considerare i segni del suo avvento e a rallegrarsi perché essi preannunciavano la sua venuta. “Ma quando queste cose cominceranno ad avvenire, rialzatevi, levate il capo, perché la vostra redenzione è vicina”. Poi, additando gli alberi con germogli aggiunse: “Guardate il fico e tutti gli alberi; quando cominciano a germogliare, voi guardando, riconoscete da voi stessi che l’estate è ormai vicina. Così anche voi quando vedrete avvenire queste cose, sappiate che il regno di Dio è vicino”. Luca 21:28-31.
Purtroppo, nella misura in cui l’umiltà e la devozione lasciarono il posto all’orgoglio e al formalismo, l’amore del Cristo e la fede nel suo avvento svanirono a poco a poco. Assorbito dalla mondanità e dalla ricerca del piacere, il popolo di Dio finì per diventare cieco alle istruzioni del Salvatore relative al suo ritorno. La dottrina del secondo avvento fu trascurata e le relative dichiarazioni sminuite da errate interpretazioni che vennero quasi6 totalmente dimenticate. Questo, si verificò in modo particolare nelle chiese d’America. La libertà e le comodità di cui godevano le varie classi sociali, la sete di ricchezza e il lusso provocarono un forte desiderio di guadagno unito a una forte aspirazione di popolarità e di potenza che sembravano ormai alla portata di tutti. Tutto ciò spinse gli uomini a concentrare i propri interessi e le proprie speranze sulle esigenze terrene e a rimandare a un futuro molto lontano il giorno del giudizio.
Il Salvatore, nel richiamare l’attenzione dei discepoli sui segni del suo ritorno, predisse lo stato di totale apostasia che si sarebbe verificato prima del suo ritorno. Come ai tempi di Noè le realtà terrene e la ricerca del piacere avrebbero avuto il sopravvento: comperare, vendere, piantare, costruire, sposare, abbandonando Dio e dimenticando la vita eterna. L’esortazione del Signore per coloro che sarebbero vissuti a quell’epoca fu: “Badate a voi stessi, che talora i vostri cuori non siano aggravati da crapula, da ubriachezza e dalle ansiose sollecitudini di questa vita, e che quel giorno non vi venga addosso all’improvviso come un laccio”. Luca 21:34. “Vegliate dunque, pregando in ogni tempo, affinché siate in grado di scampare a tutte queste cose che stanno per accadere, e di comparire dinanzi al Figliuol dell’uomo”. Luca 21:36.
La realtà della chiesa è sottolineata dalle parole del Maestro riportate in Apocalisse 3:1: “…tu hai nome di vivere e sei morto”. A quanti, poi, rifiutano di scuotersi dalla loro indifferenza, viene rivolto l’avvertimento solenne: “…
se tu non vegli, io verrò come un ladro, e tu non saprai a quale ora verrò su di te”. Luca 3:3.
Era necessario rendere gli uomini consapevoli del pericolo che correvano e indurli così a prepararsi per gli eventi solenni collegati con la fine del tempo di grazia. Il profeta di Dio dichiara: “…Sì, il giorno dell’Eterno è grande, oltremodo terribile; chi lo potrà sopportare?” Gioele 2:11. Chi, infatti, potrà resistere quando apparirà colui che ha “gli occhi troppo puri per sopportar la vista del male” e che non può “tollerar lo spettacolo dell’iniquità…”? (Habacuc 1:13). A coloro che dicono: “Mio Dio, noi d’Israele ti conosciamo” (Osea 8:2) e trasgrediscono il suo patto e “corron dietro ad altri dii” (Salmi 16:4), nascondendo la malvagità dei loro cuori e percorrendo i sentieri dell’ingiustizia, il giorno del Signore sarà “tenebre, e non luce, oscurissimo e senza splendore”.
Cfr. Amos 5:20. “E in quel tempo avverrà che io frugherò Gerusalemme con delle torce, e punirò gli uomini che, immobili sulle loro fecce, dicono in cuor loro: “L’Eterno non fa né bene né male”. Sofonia 1:12. “Io punirò il mondo per la sua malvagità, e gli empi per la loro iniquità; farò cessare l’alterigia de’ superbi e abbatterò l’arroganza de’ tiranni”. Isaia 13:11. “Né il loro argento né il loro oro li potrà liberare… Le loro ricchezze saranno abbandonate al saccheggio, e le loro case ridotte in una desolazione”. Sofonia 1:18, 13.
Il profeta Geremia, contemplando in anticipo questo tempo terribile esclamò: “…Io sento un gran dolore!… Io non posso tacermi; poiché, anima mia, tu odi il suon della tromba, il grido di guerra. S’annunzia rovina sopra rovina…” Geremia 4:19, 20.
“Quel giorno è un giorno d’ira, un giorno di distretta e d’angoscia, un giorno di rovina e di desolazione, un giorno di tenebre e caligine, un giorno di nuvole e di fitta oscurità, un giorno di suon di tromba e d’allarme…” Sofonia 1:15, 16. “Ecco, il giorno dell’Eterno giunge… che farà della terra un deserto, e ne distruggerà i peccatori”. Isaia 13:9.
In vista di quel gran giorno la Parola di Dio, con un linguaggio solenne e impressionante, invita il suo popolo a scuotersi dal letargo spirituale e a cercare il suo volto con pentimento e umiltà: “Sonate la tromba in Sion! Date l’allarme sul monte mio santo! Tremino tutti gli abitanti del paese, poiché il giorno dell’Eterno viene, perch’è vicino… bandite un digiuno, convocate una solenne raunanza! Radunate il popolo, bandite una santa assemblea! Radunate i vecchi, radunate i fanciulli… Esca lo sposo dalla sua camera, e la sposa dalla propria alcova! Fra il portico e l’altare piangano i sacerdoti… Tornate a me con tutto il cuor vostro, con digiuni, con pianti, con lamenti! Stracciatevi il cuore, e non le vesti, e tornate all’Eterno, al vostro Dio, poich’egli è misericordioso e pietoso, lento all’ira e pieno di bontà…” Gioele 2:1, 15-17, 12, 13.
Una grande opera di riforma doveva essere compiuta per preparare un popolo capace di sussistere nel giorno di Dio. L’Eterno vide che molti dei cosiddetti credenti non si impegnavano in vista dell’eternità e nella sua infinita misericordia volle trasmettere loro un messaggio che li scuotesse dal torpore e li spingesse a prepararsi per la venuta del Signore.
Questo avvertimento è messo in risalto nel capitolo 14 di Apocalisse, che comprende un triplice messaggio proclamato da tre esseri celesti, immediatamente seguito dall’avvento del Figlio dell’uomo “per mietere la terra”. Il primo di questi avvertimenti annuncia l’avvicinarsi del giudizio: il profeta vide un angelo “…che volava in mezzo al cielo, recante l’evangelo eterno per annunziarlo a quelli che abitano sulla terra, e ad ogni nazione e tribù e lingua e popolo; e diceva con gran voce: Temete Iddio e dategli gloria poiché l’ora del suo giudizio è venuta; e adorate Colui che ha fatto il cielo e la terra e il mare e le fonti delle acque”. Apocalisse 14:6, 7.
Questo messaggio fa parte del Vangelo eterno la cui proclamazione non è affidata agli angeli, ma agli uomini. I tre angeli sono incaricati di dirigere quest’opera destinata ad assicurare la salvezza agli uomini, ma la proclamazione vera e propria è fatta dai discepoli di Gesù sulla terra.
Tale avvertimento doveva essere dato al mondo da uomini fedeli, sensibili alle sollecitazioni dello Spirito di Dio, ubbidienti agli insegnamenti della8 sua Parola; uomini che avevano prestato attenzione alla “parola profetica, più ferma”, alla “lampada splendente in un luogo oscuro, finché spunti il giorno e la stella mattutina sorga”. 2 Pietro 1:19. Essi avevano cercato la conoscenza di Dio più di tutti i tesori nascosti, considerandola “…preferibile a quel [guadagno] dell’argento, e il profitto che se ne trae val più dell’oro fino”. Proverbi 3:14. Il Signore, perciò, aveva loro rivelato le grandi realtà del regno: “Il segreto dell’Eterno è per quelli che lo temono ed egli fa loro conoscere il suo patto”. Salmi 25:14.
Non furono i dotti teologi a comprendere questa verità e a proclamarla.
Se essi fossero state sentinelle fedeli e avessero investigato le Scritture con diligenza e in preghiera, si sarebbero resi conto a che punto era la notte e le profezie avrebbero loro indicato gli eventi che stavano per accadere.
Purtroppo, essi si dimostrarono indifferenti e così il messaggio venne affidato a gente più umile. Gesù disse: “…Camminate mentre avete la luce, affinché non vi colgano le tenebre…” Giovanni 12:35. Rifiutandosi di accettare la luce inviata da Dio e trascurando di riconoscerla quando questa è alla loro portata, rimarranno nelle tenebre. Il Salvatore dichiarò: “…chi mi seguita non camminerà nelle tenebre, ma avrà la luce della vita”. Giovanni 8:12.
Chiunque si impegna a fare la volontà di Dio, attenendosi al messaggio ricevuto, riceverà una maggiore conoscenza e una stella ancora più splendente gli sarà inviata per guidarlo in tutta la verità.
All’epoca del primo avvento del Cristo, i sacerdoti e gli scribi della città santa, ai quali erano stati affidati gli oracoli di Dio, avrebbero potuto riconoscere i segni dei tempi e proclamare la venuta del Messia promesso. La profezia di Michea indicava il luogo della nascita, mentre quella di Daniele precisava il tempo della sua manifestazione. Cfr. Michea 5:2; Daniele 9:25.
Dio aveva affidato queste profezie ai capi d’Israele che non avevano scuse se ignoravano l’imminenza della venuta del Messia e non ne avvertivano il popolo. Gli ebrei innalzavano dei monumenti ai profeti martiri, ma nello stesso tempo onoravano i servitori di Satana mediante il loro rispetto nei confronti dei grandi della terra. Accecati dalla sete di potere e di dominio, essi perdevano di vista gli onori divini che il Re dei re intendeva conferire loro.
Gli anziani d’Israele avrebbero dovuto studiare con profondo e rispettoso interesse il luogo, il tempo e le circostanze relativi al più grande avvenimento della storia: la venuta del Figlio di Dio, redentore dell’umanità.
Tutti avrebbero dovuto attendere vigilando per essere pronti a salutare il Salvatore del mondo. Invece, a Betlemme, due viandanti affaticati, provenienti dalle colline di Nazaret, attraversarono il villaggio percorrendone le vie anguste e cercando invano un rifugio per la notte. Nessuna porta si aprì e il Salvatore del mondo fu costretto a nascere in un’umile stanza, adibita al ricovero del bestiame.
Gli angeli del cielo, che avevano contemplato la gloria che il Figlio di Dio condivideva con il Padre prima della creazione del mondo, seguivano con il più vivo interesse la sua venuta in terra, sicuri che il mondo sarebbe esultato di gioia per questo evento straordinario. Una schiera di angeli fu incaricata di recare il lieto annuncio a coloro che erano pronti a riceverlo e che, a loro volta, lo avrebbero trasmesso agli abitanti della terra. Il Cristo era sceso dal cielo per rivestire la natura umana e si accingeva a prendere su di sé il pesante fardello del peccato, offrendo la propria vita come prezzo del riscatto. Comunque, gli angeli desideravano che, anche nella sua umiliazione, il Figlio dell’Altissimo entrasse nel mondo con la dignità e con la gloria dovute al suo rango. I grandi della terra si sarebbero incontrati nella capitale d’Israele per dargli il benvenuto? Legioni di angeli lo avrebbero presentato a quanti lo aspettavano? Un angelo percorse la terra per vedere chi fosse pronto a dare il benvenuto a Gesù, ma purtroppo non vide nessun segno di attesa, non udì nessuna voce di lode o di esultanza annunciare l’imminenza dell’avvento del Messia.
Si soffermò un po’ sulla città santa, poi sul tempio dove per secoli Dio aveva manifestato la sua presenza. Ovunque, però, regnava la stessa indifferenza. I sacerdoti, offrivano i sacrifici manifestando superbia e ostentazione; i farisei si rivolgevano al popolo con toni autorevoli e recitavano all’angolo delle vie le loro preghiere dettate dalla presunzione. Nei palazzi dei re, nelle assemblee dei filosofi, nelle scuole dei rabbini, nessuno dimostrava interesse per l’evento straordinario proclamato in cielo con canti di gioia: il Redentore del mondo stava per venire sulla terra.
Niente tradiva l’attesa del Messia e non si notava alcun preparativo per accogliere il Principe della vita. Sorpreso, il messaggero celeste si preparava già a risalire in cielo quando scorse un gruppo di pastori che facevano la guardia di notte alle loro greggi. Contemplando il cielo stellato, essi parlavano della profezia che annunciava la venuta del Messia e manifestavano il loro ardente desiderio di salutare il Salvatore del mondo. Evidentemente erano pronti a ricevere il messaggio divino e allora l’angelo apparve loro e annunciò la lieta notizia. La pianura fu illuminata dalla gloria del cielo e un gruppo di angeli apparve ai pastori e per esprimere degnamente la gioia del cielo, una moltitudine di voci intonò l’inno che un giorno sarà cantato dagli eletti: “Gloria a Dio ne’ luoghi altissimi, pace in terra fra gli uomini ch’Egli gradisce!” Luca 2:14. Questa meravigliosa storia di Betlemme contiene un’importante lezione ed è un avvertimento per la nostra incredulità, per il nostro orgoglio e per la nostra autosufficienza. Essa, inoltre, ci invita a fare attenzione per evitare che, a causa di una pericolosa indifferenza, non finiamo per non sapere più riconoscere i segni dei tempi e ignorare quindi il giorno del giudizio. Gli angeli non trovarono degli uomini in attesa del Messia0 soltanto sulle colline della Giudea e fra gli umili pastori: anche nelle regioni pagane ve ne erano altri che aspettavano. Si trattava dei magi: filosofi orientali, ricchi, nobili, studiosi della natura, che avevano visto Dio nelle opere del creato. Negli scritti ebraici, poi, avevano trovato l’annuncio di un astro che sarebbe sorto da Giacobbe (cfr. Numeri 24:17) e aspettavano con impazienza colui che sarebbe stato non solo “la consolazione d’Israele”, ma anche “luce da illuminar le genti”, “strumento di salvezza fino alle estremità della terra”.
Luca 2:25, 32; Atti 13:47. Essi cercavano la luce e la luce che proveniva dal trono di Dio venne a illuminare il loro sentiero. Mentre i sacerdoti e i rabbini di Gerusalemme, depositari e interpreti ufficiali della verità, erano immersi nelle tenebre, la stella inviata dal cielo guidava questi stranieri verso il luogo in cui doveva nascere il Re dei re.
Il Cristo “apparirà una seconda volta… a quelli che l’aspettano per la loro salvezza”. Ebrei 9:28. Come era successo per il messaggio della nascita del Salvatore, accadde altrettanto per quello del suo secondo avvento: esso non venne affidato ai capi religiosi del popolo che, avendo trascurato di vegliare sul loro rapporto con Dio e respinto la luce del cielo, non erano fra coloro che l’apostolo Paolo descrive così: “Ma voi, fratelli, non siete nelle tenebre, sì che quel giorno abbia a cogliervi a guisa di ladro; poiché voi tutti siete figliuoli di luce e figliuoli del giorno; noi non siamo della notte né delle tenebre”. 1 Tessalonicesi 5:4, 5.
Le sentinelle poste sulle mura di Sion avrebbero dovuto essere le prime ad accogliere l’annuncio della venuta del Salvatore, a proclamarne l’imminenza e avvertire il popolo che si preparasse per la sua venuta. Esse, invece, sognavano pace e sicurezza, mentre la gente giaceva immersa nei propri peccati. Gesù, precorrendo i tempi, vide la sua chiesa simile al fico sterile: ricca di belle foglie, ma priva di frutti. C’era un’ostentata osservanza delle forme religiose, ma mancavano la vera umiltà, il pentimento e la fede, che dovevano caratterizzare il culto gradito a Dio. Al posto dei doni dello Spirito si notavano l’orgoglio, il formalismo, la vanagloria, l’egoismo e l’oppressione.
Una chiesa apostata chiudeva gli occhi davanti ai segni dei tempi. Dio, però, si dimostrò sempre fedele: furono gli uomini ad allontanarsi da lui e a separarsi dal suo amore. Rifiutando di sottomettersi alle condizioni richieste, essi persero i benefici delle promesse di Dio.
Questa è la conseguenza inevitabile dell’indifferenza nei confronti dei privilegi offerti dal Signore. Se la chiesa non percorre la via tracciata da Dio, accettando ogni messaggio e compiendo ogni dovere nella misura in cui vengono rivelati, la religione degenera nel formalismo privo di qualsiasi tipo di spiritualità. Tale verità è stata illustrata molte volte nella storia della chiesa.
Dio chiede al suo popolo opere di fede e di ubbidienza corrispondenti alle benedizioni e ai privilegi ricevuti. L’ubbidienza esige un sacrificio e implica una croce. Ecco perché molti, pur definendosi discepoli di Gesù, rifiutano di accettare il messaggio di Dio e, come gli ebrei di allora, non sanno riconoscere il tempo del giudizio. Cfr. Luca 19:44. A causa del loro orgoglio e della loro incredulità, il Signore li ha abbandonati e ha rivelato la sua verità a quanti, come i pastori di Betlemme e i magi di oriente, prendono in considerazione i messaggi ricevuti.