Capitolo 22 - Profezie adempiute - Parte 02

Miller non aveva simpatia per queste tendenze che portavano al fanatismo. Egli dichiarava, come Lutero, che ogni spirito deve essere provato con la Parola di Dio. “Il diavolo” diceva Miller “anche oggi ha un grande potere sulle menti di alcuni. Come potremo distinguere gli spiriti? La Bibbia risponde: “Li riconoscerete dai loro frutti”… Molti spiriti sono presenti nel mondo e noi siamo esortati a individuare la loro natura. Uno spirito che non ci invita a vivere sobriamente, giustamente e piamente in questo mondo, non è lo Spirito di Dio. Io mi convinco sempre più che Satana è presente in questi strani movimenti… Molti fra noi, che pretendono di essere pienamente santificati, si attengono alle tradizioni degli uomini e ignorano la verità come coloro che non manifestano una simile pretesa”. “Lo spirito dell’errore ci allontana dalla verità, mentre lo Spirito di Dio ci conduce alla verità. Un uomo può essere nell’errore e credere di possedere la verità? Ecco la nostra risposta: ‘Lo Spirito e la Parola concordano. Colui che si sottomette alla Parola di Dio ed è in perfetta armonia con la Parola, nella sua globalità, può credere di essere nella verità; ma se si rende conto che lo spirito che lo guida non è in armonia con l’intero contenuto della legge o del Libro di Dio, allora deve fare la massima attenzione per non cadere nella trappola del diavolo’”.2“Spesso uno sguardo luminoso, una guancia umida e una parola soffocata dal singhiozzo mi hanno dimostrato la profonda spiritualità di una persona meglio di tutto il rumore della cristianità”. Al tempo della Riforma, i suoi nemici attribuivano tutti i mali del fanatismo a chi si impegnava con zelo per combatterlo. Lo stesso comportamento fu osservato da coloro che si opponevano al movimento avventista. Non contenti di travisare ed esagerare gli errori degli estremisti e dei fanatici, diffondevano notizie che non avevano la minima parvenza di verità. Queste persone erano animate dal pregiudizio e dall’odio. La loro pace era turbata dall’annuncio dell’imminente ritorno di Gesù. Temevano che questo messaggio potesse essere vero e speravano che non lo fosse; questo spiegava perché si schieravano contro gli avventisti e la loro fede.
Il fatto che alcuni fanatici si fossero introdotti fra gli avventisti non era una ragione sufficiente per affermare che il movimento non fosse di origine divina, così come la presenza nella chiesa di fanatici e di seduttori non era stato un motivo sufficiente per condannare l’opera di Paolo e di Lutero. Il popolo di Dio deve risvegliarsi e iniziare una sincera opera di pentimento e di riforma; deve studiare le Scritture per conoscere la verità così come è stata espressa in Gesù e consacrarsi interamente a Dio.
Allora si vedrà come Satana è ancora attivo e vigilante; con ogni sorta di inganno manifesterà la sua potenza chiamando in aiuto tutti gli angeli ribelli del suo regno.
Il fanatismo e la divisione non furono provocati dalla proclamazione del secondo avvento: si manifestarono nell’estate del 1844, quando gli avventisti erano vittime del dubbio. La predicazione del messaggio del primo angelo e del “grido di mezzanotte” aveva proprio lo scopo di reprimere il fanatismo e i dissensi. Coloro che aderirono a questi movimenti vivevano in armonia fra loro, si amavano fraternamente e speravano di vedere presto Gesù. L’unità della fede e la beata speranza li elevavano al di sopra di ogni influsso umano e costituivano una protezione contro gli attacchi di Satana.
“Or tardando lo sposo, tutte divennero sonnacchiose e si addormentarono. E sulla mezzanotte si levò un grido: Ecco lo sposo, uscitegli incontro! Allora tutte quelle vergini si destarono e acconciarono le loro lampade”.
Matteo 25:5-7. Nell’estate del 1844, il messaggio fu proclamato con le stesse parole della Scrittura: “Ecco lo sposo!” Questo momento rappresentava il punto centrale del periodo compreso fra la data che precedentemente era stata considerata il momento conclusivo dei 2.300 giorni e l’autunno dello stesso anno che rappresentava la fine di tale periodo. Questo movimento fu determinato dalla scoperta del fatto che il decreto di Artaserse per la restaurazione di Gerusalemme, che rappresentava il punto di partenza dei 2.300 giorni, entrò in vigore nell’autunno del 457 a.C. e non all’inizio di quell’anno, come si era creduto in un primo tempo. Partendo dall’autunno del 457, i 2.300 anni scadevano nell’autunno del 1844. Le argomentazioni che si basavano sui simboli dell’Antico Testamento indicavano, anch’essi l’autunno come epoca in cui avrebbe dovuto verificarsi l’evento rappresentato dalla purificazione del santuario. Tutto apparve chiaro quando si considerò il modo in cui si erano adempiuti i simboli relativi al primo avvento del Cristo.
L’uccisione dell’agnello pasquale simboleggiava la morte di Gesù. Dice l’apostolo Paolo: “…la nostra pasqua, cioè Cristo, è stata immolata”. 1 Corinzi 5:7. La mannella delle primizie, che al tempo di Pasqua veniva agitata davanti al Signore, rappresentava la risurrezione. Paolo, infatti, parlando della risurrezione di Gesù e del suo popolo, scrive: “…Cristo, la primizia; poi quelli che son di Cristo, alla sua venuta”. 1 Corinzi 15:23. Simile alla mannella agitata, che era la primizia del grano maturo raccolto prima della mietitura, il Cristo rappresenta la primizia dei redenti che alla risurrezione finale saranno raccolti nel granaio di Dio.
I simboli si adempirono non solo in relazione all’evento ma anche al tempo. Il quattordicesimo giorno del primo mese ebraico, lo stesso giorno e lo stesso mese nei quali per quindici lunghi secoli l’agnello pasquale era stato immolato, il Cristo, dopo aver mangiato la Pasqua con i suoi discepoli, istituì la festa che doveva commemorare la sua morte, quale “Agnello di Dio, che toglie il peccato del mondo”. Quella stessa notte egli fu arrestato per essere crocifisso. Come antitipo della mannella agitata, il nostro Signore fu risuscitato dai morti il terzo giorno, “primizia di quelli che dormono”, esempio di tutti i risorti, il cui corpo “vile” sarà reso conforme “al suo corpo glorioso”. 1 Corinzi 15:20; cfr. Filippesi 3:21 (Diodati).
Allo stesso modo, i simboli che si riferiscono al secondo avvento devono adempiersi al tempo indicato nel servizio cerimoniale. Nel sistema mosaico la purificazione, o gran giorno dell’espiazione, avveniva nel decimo giorno del settimo mese dell’anno ebraico (cfr. Levitico 16:2934), quando il sommo sacerdote, dopo aver fatto l’espiazione per Israele e rimossi i suoi peccati dal santuario, usciva e benediceva il popolo. Così si riteneva che Gesù, nostro Sommo Sacerdote, sarebbe apparso per purificare la terra mediante la distruzione del peccato e dei peccatori e per dare l’immortalità a quanti lo aspettavano. Nel 1844 il decimo giorno del settimo mese, cioè il grande giorno dell’espiazione e della purificazione del santuario, cadeva il 22 ottobre. Questa data venne considerata quella del ritorno del Signore. Tutto ciò era in armonia con le prove già esaminate: i 2.300 giorni sarebbero scaduti nell’autunno e questa conclusione sembrava indiscutibile.
Nella parabola di (Matteo 25), il tempo dell’attesa e del sonno è seguito dalla venuta dello sposo. Tutto ciò concordava con gli elementi tratti sia dalla profezia sia dai simboli. Essi apparivano indiscutibili e il grido di mezzanotte fu lanciato da migliaia di voci.
Simile all’onda di un maremoto, il movimento si estese in tutto il paese. Di città in città, di villaggio in villaggio, come anche nei luoghi più remoti della campagna, continuò a echeggiare fino a quando il popolo di Dio, in attesa, non fu completamente sveglio. Il fanatismo scomparve, mentre il coraggio e la speranza rianimavano i cuori. Scomparvero quelle forme di estremismo provocate dall’eccitazione non controllata dall’influsso della Parola di Dio e del suo Spirito. Aveva le stesse caratteristiche di quei periodi di pentimento e di conversione che nell’antico Israele seguivano ai messaggi di rimprovero dei profeti dell’Eterno. Si potevano individuare gli elementi dei risvegli: poca esaltazione ma una profonda sincerità nella confessione dei peccati e nella rinuncia ai vantaggi del mondo. La grande preoccupazione di tutti era prepararsi per il ritorno del Signore. Si pregava con perseveranza e la consacrazione a Dio era senza riserve.
Nel descrivere questo risveglio spirituale, Miller diceva: “Non vi sono grandi manifestazioni di gioia: si direbbe che si riservino per il giorno in cui il cielo e la terra si uniranno in una gioia ineffabile e gloriosa. Non si sentono acclamazioni: sono riservate per il momento in cui risuonerà la voce dell’arcangelo. Non si elevano canti: si aspetta di unirsi alle schiere angeliche, al coro celeste… Non ci sono divergenze: tutti sono di un sol cuore e di un sol spirito”. Uno degli aderenti al movimento affermò: “L’attesa del ritorno del Cristo determinò ovunque un serio esame di coscienza e una profonda umiliazione nei confronti del Dio del cielo. Provocò il distacco dagli affetti e dalle realtà terrene, la fine delle polemiche e dei contrasti, la confessione dei torti, l’ubbidienza a Dio, l’invocazione di un cuore pentito pronto per ottenere il perdono del Signore ed essere accettato da lui. Questo spirito di umiliazione e sottomissione non si era mai manifestato prima. Come Dio aveva ordinato, tramite il profeta Gioele, quando il gran giorno del Signore sarebbe stato vicino ci si doveva stracciare il cuore e non le vesti e rivolgersi a Dio con digiuni, pianti e lamenti. Come Dio disse, tramite il profeta Zaccaria, uno spirito di grazia e di preghiera fu riversato sui suoi figli; allora essi videro colui che avevano trafitto e ci fu in tutto il paese un grande lamento… Coloro che cercavano il Signore si umiliarono davanti a lui”. Cfr. Zaccaria 12:10.
6 Fra tutti i movimenti religiosi, che si sono succeduti dal tempo degli apostoli in poi, quello dell’autunno del 1844 fu meno limitato dalle imperfezioni umane e contrastato dalle astuzie di Satana. Anche ora, dopo tanti anni, tutti coloro che parteciparono a quel movimento, e che hanno sempre conservato le stesse convinzioni, risentono il benefico influsso di quel grande risveglio e testimoniano che si trattava dell’opera di Dio.
All’annuncio, “Ecco lo sposo, uscitegli incontro!” coloro che aspettavano “si destarono e acconciaron le loro lampade”. La Parola di Dio veniva studiata con un interesse senza precedenti. Gli angeli venivano inviati per confortare quanti erano scoraggiati e prepararli ad accettare il messaggio.
Quest’opera non si basava sulla sapienza e sulla saggezza degli uomini, ma sulla potenza di Dio. I primi ad ascoltare e ad accettare l’invito non furono i più dotati intellettualmente, ma i più umili e devoti. Alcuni agricoltori lasciavano i loro raccolti nei campi; alcuni artigiani deponevano i loro attrezzi e con lacrime di gioia andavano ad annunciare il messaggio. Coloro che erano stati dei capi spirituali furono tra gli ultimi a unirsi a questo movimento. Le chiese, in generale, chiudevano le loro porte a questo messaggio e molti di coloro che lo accettavano venivano espulsi dalla comunità. Per volontà di Dio questa proclamazione si aggiunse a quella del messaggio del secondo angelo accrescendone la forza.
Il messaggio: “Ecco lo sposo!” non doveva essere oggetto di polemiche perché si basava su prove bibliche chiare ed esaurienti. Grazie alla sua potenza che scuoteva gli animi non c’erano più né dubbi né obiezioni. In occasione dell’ingresso trionfale di Gesù in Gerusalemme, la gente venuta da ogni parte del paese per la festa di Pasqua, si diresse verso il monte degli Ulivi incontro alla folla che scortava Gesù. Trascinata dall’entusiasmo generale si unì al grido: “…Osanna al Figliuolo di Davide! Benedetto colui che viene nel nome del Signore!…” Matteo 21:9. Anche i non credenti che affluivano alle riunioni degli avventisti, chi per curiosità, chi per scherno, percepivano la potenza del messaggio: “Ecco lo sposo!” A quell’epoca si manifestò quella fede che Dio esaudisce, quella fede che conta sulla vita eterna. Simile a scrosci di pioggia su una terra arida lo Spirito della grazia scendeva su coloro che cercavano Dio con sincerità. Chi si aspettava di trovarsi ben presto faccia a faccia con il suo Redentore, provava una gioia intensa, inesprimibile. La potenza dello Spirito Santo sensibilizzava i cuori e li inteneriva via via che le sue benedizioni venivano abbondantemente riversate sui credenti fedeli.
Coloro che avevano accettato il messaggio si avvicinavano con attenzione e solennità al momento in cui speravano di incontrarsi con il loro Salvatore.
Ogni mattina la loro prima preoccupazione era quella di sentirsi in pace con Dio. Erano profondamente uniti fra loro e pregavano gli uni con gli altri e gli uni per gli altri. Spesso si riunivano in luoghi isolati per essere in comunione con Dio e dai campi e dai boschi salivano al cielo lodi e preghiere. Per loro la certezza dell’approvazione del Salvatore era più importante del cibo quotidiano e se qualcosa turbava la loro mente, non si davano pace fino a quando non trovavano la soluzione. Grazie alla profonda convinzione della grazia redentrice, desideravano contemplare colui che amavano.
Ma una nuova delusione li attendeva. Il tempo fissato passò e il loro Salvatore non apparve. Coloro che avevano atteso con fiducia incrollabile la sua venuta, provarono un dolore simile a quello di Maria quando, giunta alla tomba di Gesù e trovandola vuota, esclamò piangendo: “…han tolto il mio Signore, e non so dove l’abbiano posto”. Giovanni 20:13.