Capitolo 05 - John Wycliffe - Parte 02
Nella sua qualità di professore di teologia a Oxford, Wycliffe predicava la Parola di Dio nelle aule universitarie. Esponeva la verità ai suoi studenti con tanta fedeltà da meritare l’attributo di “dottore evangelico”. L’opera più importante della sua vita fu comunque la traduzione della Sacra Scrittura in inglese. In un’opera intitolata: On the Truth and Meaning of Scripture (Della verità e del significato delle Sacre Scritture), egli manifestò la sua intenzione di tradurre la Bibbia affinché chiunque, in Inghilterra, potesse leggere nella propria lingua le meravigliose opere di Dio.
Improvvisamente, però, la sua attività venne interrotta. Sebbene non avesse ancora sessant’anni, l’incessante lavoro, lo studio, le accuse degli avversari, avevano influito sul suo organismo, tanto che invecchiò prima del tempo e si ammalò gravemente. La notizia rallegrò i monaci i quali pensarono che Wycliffe si sarebbe amaramente pentito del male fatto alla chiesa di Roma.
Si precipitarono a casa sua per raccogliere la sua confessione. Rappresentanti dei quattro ordini religiosi, accompagnati da quattro ufficiali civili, si raccolsero intorno al letto dell’uomo ritenuto ormai moribondo. “Hai la morte sulle labbra” gli dissero. “Pentiti dei tuoi errori e ritratta, in nostra presenza, tutto quello che hai detto contro di noi”. Il riformatore ascoltò in silenzio, quindi chiese a chi lo assisteva di aiutarlo a mettersi a sedere sul letto; infine, fissando quanti lo circondavano, in attesa di una sua abiura disse con la voce ferma e forte che spesso li aveva fatti tremare: “Io non morrò: vivrò e rivelerò ancora gli inganni dei frati!”8 Stupiti e confusi, i monaci si affrettarono ad uscire.
Le parole di Wycliffe si avverarono. Egli sopravvisse e poté affidare ai suoi connazionali il più potente strumento contro Roma: la Bibbia, lo strumento divino che libera, illumina ed evangelizza l’umanità. Per compiere quest’opera dovevano essere superati ancora molti ostacoli ma, incoraggiato dalle promesse della Parola di Dio, egli proseguì coraggiosamente nonostante fosse malato, sapesse che gli rimanevano solo pochi anni di vita e si rendesse conto delle forti opposizioni da affrontare. Ancora in possesso del pieno vigore delle sue facoltà intellettuali e ricco di esperienza, Wycliffe era stato protetto e preparato da Dio per quella, che sarebbe stata la sua opera suprema.
Mentre il mondo cristiano era in pieno tumulto, il riformatore, nella quiete della sua parrocchia, incurante della tempesta che imperversava intorno, si impegnò nella sua opera più importante. Finalmente giunse il momento della pubblicazione della prima traduzione della Bibbia in inglese e l’Inghilterra poté leggere la Parola di Dio. Ora Wycliffe non temeva più né il carcere né il patibolo, perché aveva affidato al popolo britannico una luce che non si sarebbe più spenta. In questo modo aveva vinto l’ignoranza e il vizio, liberato ed elevato il paese. La sua opera doveva risultare più importante delle brillanti vittorie riportate sui campi di battaglia.
L’arte della stampa era ancora ignota e le copie della Bibbia potevano essere riprodotte solo mediante un lavoro lento e faticoso. L’interesse per quel libro, però, era così grande che molti si misero volenterosamente all’opera per copiarlo, ma solo a prezzo di grandi difficoltà i copisti riuscivano a soddisfare le varie richieste. Alcuni degli acquirenti più facoltosi desideravano l’intera Bibbia; altri, invece ne comperavano solo alcune parti. Spesso varie famiglie si univano per procurarsene una copia. Fu così che la Bibbia di Wycliffe entrò nelle case inglesi.
L’appello alla ragione risvegliò le coscienze, strappandole alla loro passiva sottomissione ai dogmi papali. Wycliffe insegnò le dottrine che più tardi caratterizzarono il protestantesimo: la salvezza per grazia mediante la fede in Cristo e l’infallibile e sovrana autorità delle Scritture. I predicatori che aveva inviato diffondevano la Bibbia e gli scritti del riformatore. Egli ebbe un tale successo che la nuova fede fu accettata da circa metà della popolazione inglese.
La diffusione della Sacra Scrittura preoccupò profondamente le autorità ecclesiastiche. Esse, ora, dovevano affrontare una potenza ben più temibile di Wycliffe; una forza contro la quale le loro armi non sarebbero state efficaci. A quell’epoca, in Inghilterra, non c’era nessuna legge che proibisse la diffusione della Bibbia, poiché prima di allora la Sacra Scrittura non era mai stata pubblicata nella lingua del popolo. Tali leggi furono proclamate in un secondo tempo e imposte con rigore. Al tempo di Wycliffe, perciò, nonostante tutti gli sforzi del clero, la Bibbia circolava liberamente.
I capi della gerarchia ecclesiastica cospirarono nuovamente per far tacere la voce del riformatore e lo convocarono successivamente davanti a tre tribunali. Dapprima si trovò davanti a un sinodo di vescovi che dichiarò eretici i suoi scritti e che, contando sul favore del giovane monarca Riccardo II, ottenne un decreto che condannava al carcere chiunque avesse seguito le nuove dottrine.
Wycliffe si appellò al Parlamento e qui attaccò la gerarchia romana, invitandola a presentarsi davanti al consiglio della nazione e chiedendo una riforma degli enormi abusi sanzionati dalla chiesa. La sua eloquenza nel descrivere le usurpazioni e la corruzione della sede papale confuse i suoi nemici. Gli amici e i sostenitori di Wycliffe, i quali erano stati costretti a cedere davanti all’autorità ecclesiastica, pensavano che il riformatore, ormai vecchio, solo e senza amici, si sarebbe piegato davanti all’autorità congiunta della corona e della mitra. Invece furono testimoni della completa sconfitta dei suoi avversari. Il Parlamento, scosso dagli appelli di Wycliffe, respinse il decreto e il riformatore fu nuovamente libero.
Una terza volta egli fu citato davanti al supremo tribunale ecclesiastico del regno. In questa sede l’eresia non aveva possibilità di difesa. Roma, finalmente, avrebbe trionfato e l’opera del riformatore sarebbe stata definitivamente bloccata: questo era ciò che pensava il clero. Se tale progetto si fosse attuato, Wycliffe sarebbe stato costretto ad abiurare, oppure avrebbe lasciato quella corte giudiziaria per salire sul patibolo.
Wycliffe, però, non ritrattò. Ripeté con fermezza i suoi insegnamenti e respinse le accuse dei suoi persecutori. Dimenticando la propria persona e la propria posizione, chiamò i suoi uditori in giudizio davanti al tribunale divino e pesò i loro sofismi e i loro inganni sulla bilancia della verità eterna.
In quell’aula di giustizia si sentì la potenza dello Spirito Santo. I presenti, quasi paralizzati dalla potenza di Dio, sembravano inchiodati ai loro posti.
Simili a dardi scoccati dall’Onnipotente, le parole del riformatore colpirono i loro cuori. L’accusa di eresia, formulata contro di lui, si ritorse contro gli stessi accusatori. Perché osavano diffondere i loro errori? Per amore del guadagno, per vendere la grazia di Dio? “Contro chi pensate di lottare?” concluse. “Contro un vecchio ormai sull’orlo della fossa? No! Voi lottate contro la verità che è più forte di voi e che trionferà su voi”.9 Così dicendo, lasciò l’assemblea senza che nessuno dei suoi avversari cercasse di impedirglielo.
L’opera di Wycliffe era ormai quasi compiuta ed egli stava per deporre la bandiera della verità sventolata così a lungo, ma ancora una volta doveva rendere testimonianza al Vangelo. La verità doveva essere proclamata dalla stessa roccaforte del regno dell’errore. Wycliffe fu invitato a presentarsi davanti al tribunale papale di Roma, che tanto spesso aveva sparso il sangue dei santi. Egli non si faceva illusioni circa i pericoli che lo minacciavano, ma era deciso a rispondere all’invito. Una paralisi rese impossibile il viaggio, ma se non poteva far udire la sua voce a Roma, poteva scrivere e decise di farlo. Dal suo rettorato di Lutterworth inviò al papa una lettera, rispettosa e cristiana nello spirito, ma in cui condannava la pompa e l’orgoglio della curia romana.
“È per me una gioia” diceva “far conoscere a tutti, e soprattutto al vescovo di Roma, la fede che professo. Poiché io la ritengo corretta e giusta, stimo che egli sarà lieto di accettarla o, qualora essa risultasse errata, di correggerla.
Io credo che il Vangelo del Cristo racchiuda tutta la legge di Dio… Credo che il vescovo di Roma, in quanto vicario del Cristo sulla terra, sia costretto più di qualunque altro uomo a sottomettersi alla legge del Vangelo, tanto più che fra i discepoli di Gesù la grandezza non consiste nella dignità e negli onori del mondo, ma nella fedele imitazione della vita e del carattere di Gesù… Egli durante il suo pellegrinaggio sulla terra fu il più povero fra gli uomini e respinse ogni onore e potere terreno.
Nessun uomo fedele dovrebbe seguire il papa o uno dei santi, se non nella misura in cui, a loro volta, essi seguano l’esempio del Signore Gesù Cristo. Pietro e i figli di Zebedeo, desiderosi degli onori di questa terra, si dimostrarono ben lontani dallo spirito del Maestro e quindi non possono e non devono essere imitati in questi errori…
Il papa dovrebbe lasciare alle potenze secolari ogni autorità di carattere temporale e in tal senso esortare e dirigere il clero. Così fece Gesù e così fecero i suoi apostoli. Del resto, se io ho sbagliato in uno di questi punti, molto umilmente mi sottometterò alla correzione e se occorre anche alla morte. Se potessi agire secondo la mia volontà e seguire il mio desiderio, vorrei presentarmi personalmente davanti al vescovo di Roma, ma purtroppo il Signore ha disposto altrimenti e mi ha insegnato che conviene ubbidire a lui anziché agli uomini”.
Concludendo, disse: “Preghiamo che Dio agisca sul cuore del nostro pontefice Urbano VI, come ha già cominciato a fare, affinché egli insieme con il suo clero possa seguire il Signore Gesù Cristo, sia nella vita sia nell’insegnamento, affinché il popolo venga ammaestrato e tutti possano seguire fedelmente l’esempio del divino Maestro”.10 In tal modo Wycliffe presentò al papa e ai suoi cardinali la mansuetudine e l’umiltà del Cristo mostrando non solo a loro, ma a tutto il mondo cristiano, il contrasto esistente fra loro e il Maestro, che pretendevano di rappresentare.
Wycliffe era convinto che la sua vita sarebbe stata il premio della sua fedeltà. Il re, il papa e i vescovi, invece, erano unanimi nell’idea di condannarlo; secondo le previsioni, solo pochi mesi lo separavano dal rogo. Ma il suo coraggio era incrollabile. “Perché parlate di cercare lontano la corona del martirio?” diceva. “Predicate il Vangelo del Cristo agli alti prelati e il martirio non vi mancherà. Che cosa? Dovrei vivere e tacere?… Mai! Che la spada colpisca: io aspetto!”11 Dio però, proteggeva ancora il riformatore.
L’uomo che per tutta la vita aveva difeso strenuamente la verità, che era stato esposto quotidianamente al pericolo della morte, non doveva rimanere vittima dell’odio dei suoi nemici. Wycliffe non aveva mai cercato di proteggersi, ma il Signore era sempre stato il suo scudo. Mentre i suoi avversari erano certi di potersi impadronire di lui, Dio lo sottrasse alle loro insidie.
Nella sua chiesa di Lutterworth mentre stava per celebrare il rito della Santa Cena, Wycliffe cadde, colpito da una paralisi e dopo non molto tempo morì.
Dio aveva assegnato a Wycliffe un incarico particolare: aveva messo la Parola della verità sulla sua bocca e innalzato una barriera di protezione intorno a lui, affinché la Parola ispirata giungesse al popolo. La vita del riformatore fu salvaguardata e la sua attività prolungata per permettergli di gettare le basi della grande opera della Riforma.
Wycliffe usciva dalle tenebre del medioevo. Non aveva avuto nessun predecessore che gli indicasse i metodi della Riforma. Suscitato, come Giovanni Battista, per compiere una missione speciale, egli fu il fondatore di una nuova era. Nelle verità da lui proclamate, si notavano un’unità e una completezza che non furono superate neppure cento anni dopo. Il fondamento gettato era così ampio e profondo, la struttura talmente salda e chiara che i successori non ebbero bisogno di ricominciare.
Il grande movimento inaugurato da Wycliffe, che consisteva nel liberare la coscienza e l’intelletto e le stesse nazioni così a lungo legate alla sorte di Roma, trovò il suo fondamento nella Bibbia. Essa fu la sorgente di quel fiume di benedizioni che, simile all’acqua della vita, fluì attraverso il tempo a partire dal XIV secolo. Wycliffe accettò le Sacre Scritture come rivelazione della volontà di Dio e regola di fede e di condotta. Egli era stato abituato a considerare la chiesa di Roma come autorità divina e infallibile e ad accettarne con assoluto rispetto gli insegnamenti e le usanze stabiliti da migliaia di anni. Eppure ebbe la forza di distaccarsene per ascoltare e seguire la Parola di Dio, che costituiva l’autorità che raccomandò di riconoscere. Egli dichiarò che l’unica e vera autorità non è quella della chiesa che parla mediante il papa, ma la voce di Dio che si fa sentire tramite la sua Parola.
Egli insegnava non solo che la Bibbia è la perfetta rivelazione della volontà dell’Eterno, ma che lo Spirito Santo ne è l’unico interprete. Inoltre affermava che ogni uomo deve conoscere quale sia il proprio dovere, con un attento e personale studio della Sacra Scrittura. Distolse così le menti degli uomini dal papa e dalla chiesa di Roma per rivolgerle alla Parola di Dio.
Wycliffe fu uno dei più grandi riformatori. Per la forza del suo spirito, per la lucidità del suo pensiero, per la fermezza nel sostenere la verità, per la franchezza nel difenderla, ben pochi furono pari a lui. Purezza di vita, inalterata applicazione allo studio e al lavoro, integrità assoluta, bontà cristiana, fedeltà nel ministero: queste furono le caratteristiche del primo riformatore. Tutto ciò, nonostante la grettezza mentale e la corruzione morale del suo tempo.
La vita di Wycliffe è una testimonianza della potenza educatrice delle Sacre Scritture. Fu trasformato dalla Bibbia. Lo sforzo compiuto per comprendere le grandi verità della rivelazione infonde nuova forza e freschezza alle facoltà umane, contribuisce a sviluppare l’apertura mentale, ad affinare le percezioni psichiche e a far maturare la capacità di giudizio. Lo studio della Bibbia nobilita il pensiero, i sentimenti e le aspirazioni come nessun altro studio può fare. Esso ispira perseveranza, pazienza e coraggio: affina il carattere e santifica l’anima. Uno studio sincero delle Scritture ci mette in contatto con lo Spirito di Dio e potrebbe assicurare al mondo uomini dotati di una intelligenza più viva e acuta, di princìpi più nobili, più di quanto non possa derivare dalla migliore educazione impartita dalla filosofia umana. “La dichiarazione delle tue parole illumina; dà intelletto ai semplici”. Salmi 119:130.
Le dottrine insegnate da Wycliffe continuarono a diffondersi per un certo periodo di tempo. I suoi discepoli, conosciuti come wicliffiani e lollardi, non solo attraversarono l’Inghilterra, ma raggiunsero anche altre terre, diffondendo ovunque la conoscenza del Vangelo. Con rinnovato zelo, dopo la morte del loro maestro, essi si impegnarono per diffondere il messaggio e tanti si riunirono per ascoltare il loro insegnamento. Fra i convertiti c’erano persone della nobiltà e perfino la moglie del re. In molti luoghi ci fu una profonda riforma nelle abitudini del popolo e vennero rimossi dalle chiese i simboli idolatrici del papato. Ben presto, però, la spietata tempesta della persecuzione si abbatté su chi aveva avuto il coraggio di accettare la Bibbia come guida. I sovrani inglesi, desiderosi di rafforzare il loro potere assicurandosi l’appoggio di Roma, non esitarono a sacrificare i riformatori. Per la prima volta nella storia dell’Inghilterra venne decretato il rogo contro i discepoli del Vangelo. I martiri si moltiplicavano. I difensori della verità, proscritti e torturati, potevano solo rivolgersi al Signore degli eserciti. Braccati come nemici della chiesa e traditori del regno, continuarono a predicare segretamente trovando rifugio nelle umili abitazioni dei poveri e spesso nascondendosi nelle caverne e nelle spelonche.
Nonostante l’infuriare della persecuzione, si affermò nel corso dei secoli una pia, sincera e paziente protesta contro la dilagante corruzione della fede religiosa. I cristiani di quell’epoca avevano solo una conoscenza parziale della verità, però avevano imparato ad amare Dio e a ubbidire alla sua Parola. Per essa soffrivano pazientemente e come i discepoli dei tempi apostolici, molti di loro sacrificarono i propri beni terreni per l’opera del Cristo.
Chi poteva ancora vivere nella propria casa, era lieto di ospitare i fratelli perseguitati. Quando, poi, anche loro erano costretti a fuggire, ne accettavano volentieri le conseguenze.
Purtroppo molti, terrorizzati dall’imperversare delle persecuzioni, comperavano la propria libertà rinunciando alla propria fede e lasciavano il carcere indossando l’abito del penitente perché così fosse resa pubblica la loro abiura. Ma tanti seppero testimoniare coraggiosamente della verità, in oscure celle, nelle “Torri dei lollardi”, in mezzo alle torture e alle fiamme, lieti di essere considerati degni di partecipare alle sofferenze del Cristo. Fra loro c’erano uomini nobili e di umili origini.
I sostenitori del papa non erano riusciti a realizzare i loro obiettivi durante la vita di Wycliffe e il loro odio non poteva essere placato fintanto che il corpo del riformatore giaceva tranquillamente nella tomba. Perciò con decreto del concilio di Costanza, oltre quarant’anni dopo la sua morte, le ossa di Wycliffe furono esumate e date pubblicamente alle fiamme. Le ceneri vennero gettate nel vicino ruscello. “Quel ruscello” dice un antico scrittore “trasportò le ceneri nell’Avon. L’Avon, a sua volta, le depose nel Severn; il Severn le portò al mare e il mare le consegnò all’oceano sconfinato. Così le ceneri di Wycliffe sono l’emblema della sua dottrina ora diffusa in tutto il mondo”. I suoi nemici non si resero conto del significato del loro gesto malvagio.
Grazie agli scritti di Wycliffe, Jan Hus di Boemia fu indotto a rinunciare agli errori del papato e a schierarsi dalla parte della Riforma. Così in questi due paesi, tanto distanti fra loro, fu sparso il seme della verità. Dalla Boemia l’opera si estese ad altri paesi. Le menti venivano orientate verso la Parola di Dio, tanto a lungo trascurata. Dio stava preparando la via alla grande Riforma.