I defibrillatori umani di Dio

Il 1° marzo è la Giornata internazionale contro le discriminazioni, una ricorrenza contro l’odio in tutte le sue forme. In molti casi, la diffidenza è il terreno fertile che fa fiorire disinteresse, giudizio e allontanamento dall’altro. Qual è la via di Gesù?

Carl McRoy – I nostri genitori ci dicevano: “Non prendere caramelle dagli sconosciuti. Non accettare un passaggio da loro. E non parlarci nemmeno”. Eppure, vorremmo che qualcuno comunicasse con noi quando ci troviamo dall’altra parte. Prima o poi, saremo noi nei panni degli sconosciuti. Estranei, diversi, stranieri, altri… persone la cui carnagione, l’abbigliamento, i costumi, l’accento, l’occupazione o il livello di istruzione non si adattano alla comunità dove viviamo.
In effetti, se riflettiamo, tutti noi siamo stati stranieri almeno una volta. Ricordate com’è stata quell’esperienza? Quanto tempo ci avete messo a capire dove andare o cosa fare prima che qualcuno vi mostrasse un po’ di accoglienza o semplicemente un pizzico di gentilezza?
Forse è arrivato il momento di lasciar andare la nostra paura verso chi non conosciamo, di fermarci e aprirgli il nostro cuore. E se lo straniero, fosse una sorta di “defibrillatore di Dio” per il risveglio personale per cui abbiamo pregato?

Ecco, allora, sei motivi per cui Dio desidera che amiamo lo straniero, lo sconosciuto, l’altro da noi:

1. Le notizie quotidiane ci danno ragione a essere cauti verso chi non conosciamo, mentre la buona novella (il messaggio del vangelo) ci invita alla compassione. Dio ci esorta ad amare lo straniero, perché lui lo ama. Dio ci ama, dopo tutto, e siamo noi che ci siamo allontanati da lui! Accettando la sfida di amare gli stranieri (ed è davvero una sfida), emuliamo il carattere di Dio. Rifiutando le opportunità di amarli, contravveniamo al suo richiamo: “fa giustizia all’orfano e alla vedova, ama lo straniero e gli dà pane e vestito” (Deuteronomio 10:18), e “sarò un testimone pronto… contro quelli… che opprimono la vedova e l’orfano, che fanno torto allo straniero” (Malachia 3:5).

2. Amare chi è estraneo rafforza la memoria e allena l’intelligenza empatica. “Tratterete lo straniero, che abita fra voi, come chi è nato fra voi; tu lo amerai come te stesso; poiché anche voi foste stranieri nel paese d’Egitto. Io sono il Signore vostro Dio” (Levitico 19:34). “Non opprimere lo straniero; voi conoscete lo stato d’animo dello straniero, poiché siete stati stranieri nel paese d’Egitto” (Esodo 23:9).
E se quando incontriamo gli stranieri, li vedessimo come un promemoria di Dio? Ci ricorda che un tempo eravamo noi gli ultimi arrivati sui banchi di scuola. Un tempo eravamo noi quelli nuovi in una comunità, magari circondati da vicini con i quali ci pareva di non avere molto in comune. Una volta eravamo noi quelli nuovi sul posto di lavoro, alla ricerca di capire come muoverci all’interno dell’ufficio. Un tempo eravamo noi i nuovi in una chiesa in cui entravamo e uscivamo senza un “ciao”, un abbraccio, una stretta di mano, un volantino o anche solo per ricevere le indicazioni per il bagno. Un tempo eravamo noi gli stranieri, e Dio desidera che quel ricordo ci incoraggi a tendere la mano agli altri.

3. Amare gli stranieri è un’espressione di autentica devozione. Non ci sono vere preghiere e digiuni, o osservanza del sabato che tenga, se non si amano i forestieri all’interno delle nostre porte (Deuteronomio 5:14, 15; Isaia 58). Le nostre decime e offerte non fanno pendere le bilance del cielo rispetto alle questioni che riguardano giustizia, misericordia e fede (Matteo 23:23). Dio non è impressionato dalle cerimonie religiose se non c’è amore verso lo straniero. Per quale motivo? Perché gli sconosciuti fanno parte del “quartetto dei vulnerabili”.[1] Dio manifesta ripetutamente una particolare vicinanza a quattro gruppi di persone in passi come: “Così parlava il Signore degli eserciti: ‘Fate giustizia fedelmente, mostrate l’uno per l’altro bontà e compassione; non opprimete la vedova né l’orfano, lo straniero né il povero; nessuno di voi, nel suo cuore, trami il male contro il fratello’…”(Zaccaria 7:9-13).

4. Amare gli stranieri manifesta il nostro amore per Gesù e ci prepara a vivere secondo i principi del regno di Dio. “Venite, voi, i benedetti del Padre mio; ereditate il regno che v’è stato preparato fin dalla fondazione del mondo. Perché… fui straniero e mi accoglieste… In verità vi dico che in quanto lo avete fatto a uno di questi miei minimi fratelli, l’avete fatto a me” (Matteo 25:34-40). Cosa succederebbe se, quando vediamo persone che sembrano non avere nulla da offrirci, improvvisamente sentissimo lo sguardo di colui che è la fonte di tutto ciò che abbiamo? E se, invece di pensare di condividere ciò che abbiamo con dei poveri sconosciuti, scorgessimo Gesù che ci tende la mano per sollevarci dalla povertà spirituale?

5. Sia l’Antico sia il Nuovo Testamento ci ricordano che siamo stranieri in questo mondo. Occupiamo una terra che appartiene a Dio, e senza pagare l’affitto, mentre attendiamo un mondo migliore.
“Le terre non si venderanno per sempre; perché la terra è mia e voi state da me come stranieri e ospiti” (Levitico 25:23).
“Quanto a noi, la nostra cittadinanza è nei cieli, da dove aspettiamo anche il Salvatore, Gesù Cristo, il Signore” (Filippesi 3:20).
Crediamo davvero in Dio, quale nostra guida fidata in questo mondo? Siamo certi che Gesù abbia regolarizzato i nostri “documenti” di cittadinanza nei cieli? La nostra generosità mostra che consideriamo noi stessi e i beni che abbiamo come proprietà di Dio? Riteniamo che la sua ospitalità celeste superi quella che si aspetta da noi?

6. Le ricompense non sono soltanto promesse di benedizioni future. Come argomenta il teologo Miroslav Volf in Exclusion and Embrace (L’esclusione e l’abbraccio): “Non è esagerato affermare che il futuro del nostro mondo dipenderà da come trattiamo l’identità e la differenza. La questione è urgente. I ghetti e i campi di battaglia in tutto il mondo – nei salotti, nei centri cittadini o sulle catene montuose – testimoniano indiscutibilmente la sua importanza”.[2] In una società realmente scossa dall’esclusione violenta degli stranieri, possiamo offrire i valori opposti del mondo che verrà. Accogliendo l’altro, siamo la prova vivente che il sacrificio di Gesù ha “abbattuto il muro di separazione” (Efesini 2:14) tra gli sconosciuti di varie provenienze.

Potrebbe esserci una risposta più potente della fede in Gesù? In più, le nostre case terrene diventerebbero accoglienti per gli ospiti celesti (Ebrei 13:2). Adoperarsi per la pace, per la riconciliazione sociale e per la visita di angeli, sono realtà disponibili adesso, mentre invitiamo Gesù a smuovere la circolazione spirituale dei nostri cuori amando lo straniero.

Note
[1] N. Wolterstorff, Justice: Rights and Wrongs (Giustizia: diritti e torti), Princeton University Press, Princeton, N.J., 2010, p. 76.
[2] M. Volf, Exclusion and Embrace: A Theological Exploration of Identity, Otherness, and Reconciliation (L’esclusione e l’abbraccio: un’esplorazione teologica di identità, alterità e riconciliazione), Abingdon Press, Nashville, 2019, p. 9.

(Carl McRoy è direttore dei Ministeri per le Pubblicazioni alla Regione nordamericana della Chiesa avventista. Vive nel Maryland, negli Stati Uniti). 

[Fonte: adventistworld.org / Tradotto da Veronica Addazio] 

 

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