
Spunti di riflessione cristiana, ricordando la Giornata mondiale della risata.
Lina Ferrara – Ridere fa parte di noi. È qualcosa che abbiamo imparato fin da neonati, quando i volti sorridenti dei nostri genitori e di chi ci era accanto si chinavano sulla culla esprimendo la gioia di salutarci con quelle vocine tenere. Per la scienza è davvero un toccasana, porta buonumore, influisce sul sistema immunitario, agisce sulla memoria, contribuisce alla longevità, e tanto altro ancora.
I cristiani sono spesso descritti come persone serie e con il viso “lungo”. In realtà, chi legge e studia la Bibbia nelle sue lingue originali, ebraico e greco, ha potuto notare l’umorismo presente nelle Scritture. Certo, nella traduzione in italiano spesso questa sfumatura si perde, ma non del tutto.
Alcuni anni fa, con mio figlio più piccolo (allora adolescente) eravamo soliti leggere i Vangeli ad alta voce. Vi invito a provare, perché si ha una comprensione maggiore, in base alla mia esperienza. Infatti, mio figlio spesso si interrompeva nella lettura con un “però!” o un “hai capito. Gesù, come le diceva chiare!”, o con una risata, perché la cadenza e l’espressione della lettura evidenziavano il sorriso del Maestro.
In un articolo del mensile Ministry, Willie Hucks afferma “Pensate all’immagine che Gesù usa in Matteo 7:3, quando mette in guardia dal concentrarsi sul granello di polvere nell’occhio di qualcun altro, senza però vedere il filo d’erba che è appena entrato nel suo occhio (mentre, suppongo, tagliavate l’erba in giardino). O all’espressione interrogativa sul suo volto quando, dopo che i discepoli sulla strada per Emmaus avevano ricordato gli eventi della Pasqua, chiese loro di cosa stessero parlando (Luca 24:19). O all’illustrazione di Giacomo di un uomo che vede il suo volto sporco mentre si guarda allo specchio, per poi decidere di non fare nulla al riguardo (Giacomo 1:24). Quando sono sceneggiati, questi passi non solo portano sorrisi sui volti di chi ascolta, ma illustrano appropriatamente la teologia più profonda che lo Spirito Santo rivelava da sempre”.
L’Ecclesiaste afferma che vi è “un tempo per piangere e un tempo per ridere, un tempo per far cordoglio e un tempo per ballare” (Ecc.3:4).
Oggigiorno i sorrisi diventano sempre più rari, soprattutto per chi abita nei grandi centri urbani dove vivere diventa a volte pericoloso. Basta leggere la cronaca quotidiana. Così, le persone assumono un “volto da città”, dice il past. Walter Pearson su Ministry “La saggezza popolare suggerisce che un aspetto indurito tenda a ridurre la vulnerabilità alle truffe o persino alle aggressioni fisiche… La società in generale tende a essere meno cordiale”.
Eppure, è proprio in questi nostri tempi difficili e problematici che siamo chiamati a diffondere speranza.
“Spesso, oltre a dire che Gesù pianse, si sostiene che egli non abbia mai sorriso” scrive Ellen G. White, co-fondatrice della Chiesa avventista “È vero che il Salvatore ha sofferto molto, perché era sensibile a tutte le disgrazie umane; è vero che ha vissuto una vita fatta di rinunce, rattristata da dolori e preoccupazioni, ma non si è mai abbattuto. L’espressione del suo volto non era mai preoccupata o addolorata, anzi ispirava sempre pace e serenità; ovunque andasse Gesù, portava gioia e felicità perché da lui proviene la vita” – La via migliore, Ed. ADV, Firenze, p. 120.
Gesù ci ha lasciato un esempio vivo da seguire.
“Siamo chiamati a riflettere la ‘serena serenità’ che caratterizzava il volto di Cristo nonostante le sfide che dobbiamo superare. La capacità di essere gentili nonostante le apparenti difficoltà non è realmente possibile con le nostre forze. Dobbiamo affidarci coscienziosamente alla nostra Fonte affidabile. Cercare di essere un canale di luce per qualcuno che incontriamo, anche se scambiamo solo un sorriso” conclude Pearson.
[Immagine: JoelleLC su Pixabay]
La voce Il sorriso di Gesù è stata pubblicata per la prima volta su HopeMedia Italia.