La parola del giorno: speranza

Un sentimento di attesa fiduciosa nella realizzazione, presente o futura, di quanto si desidera. Così la Treccani definisce la speranza. Come interpretarla alla luce del vangelo? 

David Thiele – Oggi, la speranza è espressa con una certa approssimazione. Suggerisce un’aspettativa, ma con le sfumature del dubbio. “Spero che tu abbia ragione” significa “vorrei che tu avessi ragione, ma ho un dubbio”. Può indicare un pensiero illusorio: “spero di vivere fino a cento anni”, mentre “sperare per il meglio” può sottintendere del pessimismo.

In greco antico, la parola “speranza” (elpis) aveva significati simili. I pagani, generalmente, riconoscevano il ruolo della speranza nella vita come controparte della paura, per offrire conforto nei momenti di crisi. La speranza, però, poteva essere ingannevole e pericolosa, e sempre incerta. Alcuni, come gli stoici, non volevano avere nulla a che fare con la speranza. Per loro, tutto era destinato ad accadere, ed era sbagliato sperare in qualcosa di diverso.

Nel Nuovo Testamento, elpis compare 51 volte. Alcuni passaggi si riferiscono alla speranza messianica dell’Antico Testamento (Matteo 12:21) collegata ad Abramo che “sperando contro speranza, credette” nella promessa di una discendenza (Romani 4:18).

La speranza, compiuta in Gesù, fu inizialmente infranta dalla sua crocifissione (Luca 24:21), ma ristabilita dalla sua risurrezione (Atti 2:26-31). Gli scrittori del Nuovo Testamento parlano anche della loro speranza, la “beata speranza” (Tito 2:13). Non è un elemento secondario della fede, ma è “la speranza del vangelo” (Colossesi 1:23), alla quale siamo stati chiamati (Efesini 4:4) e nella quale siamo stati rigenerati (1 Pietro 1:3). Questa speranza è indicata come una delle tre virtù cardinali del cristianesimo (1 Corinzi 13:13).

C’è una sola speranza cristiana (Efesini 4:4), ma è descritta in modi diversi: speranza “nella gloria di Dio” (Colossesi 1:27); speranza nel rinnovamento della creazione (Romani 8:20); speranza della giustizia (Galati 5:5); speranza della salvezza (1 Tessalonicesi 5:8); e speranza della vita eterna (Tito 3:7; 2:13). Tutto punta al ritorno di Cristo (1 Pietro 1:13) e alla fine del peccato. Per noi questo significa, soprattutto, la risurrezione dei morti (Romani 8:23). Visto che l’epigrafe sulle tombe romane era solitamente un tetro “Addio”, non sorprende che Paolo descrivesse i pagani come “privi di speranza” (1 Tessalonicesi 4:13).

La speranza cristiana si distingue da ogni altra forma. Non è un semplice pensiero immaginario o un pessimismo mascherato da ottimismo. È certa (1 Timoteo 6:17)! Non saremo mai delusi (Romani 5:5) dalla sua mancata realizzazione. Gesù ritornerà; la morte sarà sconfitta. Infatti, con la risurrezione di Cristo, la rinascita finale è già cominciata.

La nostra speranza non è più soltanto futura. È “riservata nei cieli” per voi (Colossesi 1:5), come un dono già incartato e pronto per il Natale. Questa speranza è ancorata “al velo” del santuario celeste, dove Cristo, nostro Sommo Sacerdote, è entrato come precursore (Ebrei 6:18-20). Cristo è la nostra speranza (1 Timoteo 1:1).

La speranza del cristiano è presente, sebbene parziale, nella vita di tutti coloro che sono “in Cristo”. La presenza dello Spirito Santo nella vita del credente, “Cristo in voi” (Colossesi 1:17), è l’inizio; un’anticipazione che sarà pienamente realizzata al ritorno di Gesù (Romani 8:20-26). Perciò, la speranza è collegata alla gioia (Romani 12:12); alla pace (Romani 15:13); al coraggio (Filippesi 1:20); alla costanza (1 Tessalonicesi 1:3); al rinnovamento (Tito 3:5-7) e alla purezza (1 Giovanni 3:3). Oggettivamente la speranza è sicura; soggettivamente è condizionata dal fatto che noi ci aggrappiamo “alla speranza che ci è posta davanti” (Ebrei 6:18; 10:23).

La relazione tra fede, speranza e amore è chiara. La fede volge lo sguardo alla salvezza compiuta nella vita, nella morte e nella risurrezione di Gesù. La speranza mira avanti, alla sua piena realizzazione al suo ritorno. Tra questi due grandi punti di riferimento, i cristiani vivono l’amore di Dio, perché già sperimentano la vita della nuova creazione (2 Corinzi 5:17).

Il mondo di oggi è afflitto da molti problemi – sociali, politici, economici, ambientali – apparentemente irrisolvibili. Le frasi pronunciate dai leader si riducono spesso a un rassegnato incoraggiamento a “sperare per il meglio”. In un contesto simile, “la speranza del vangelo”, reale, certa, già parzialmente manifestata, è davvero “una buona notizia”.

(David Thiele è docente nel seminario teologico dell’Avondale University College, in Australia)

[Fonte: record.adventistchurch.com / Tradotto da Veronica Addazio]
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