
Parabole, paragoni, metafore. Il modo di esprimersi di Gesù si rivolge alle donne e agli uomini di ogni tempo e latitudine, invitando a interrogarsi e ad andare all’essenza del messaggio. Alcuni spunti di analisi sulla comunicazione evangelica.
Florin Lăiu – Per comunicare in modo efficace, dobbiamo esprimerci con chiarezza e senza ambiguità. Per questo motivo i credenti tendono a considerare il linguaggio della Bibbia come un resoconto netto, preciso, privo di fronzoli; una semplice sequenza di fatti.
Secondo alcuni, questa è la natura del linguaggio della verità: un appello alla semplicità genuina o a un’espressione scientifica, in contrapposizione all’arte. Tuttavia, leggendo i testi biblici, notiamo anche che la sua prosa ci sorprende con sottigliezze letterarie. In una relazione, queste verrebbero giudicate come bugie macroscopiche, degne di sanzione. Nella letteratura, invece, hanno il ruolo di dare vita al messaggio, rendendolo piacevole e memorabile. Il linguaggio criptico, presente in tutta la Bibbia e, soprattutto, nella letteratura apocalittica, compare frequentemente anche nei discorsi di Gesù.[1]
In generale, i credenti e chi legge le Scritture sono abituati all’idea del mistero,[2] da considerare sia come un segreto sia una confessione, una scoperta della verità in forma nascosta. La chiarezza del messaggio dipende anche dalle aspettative culturali del lettore. Molte espressioni artistiche verbali non sono di per se stesse criptiche, ma alcune sono percepite così per la nostra inesperienza o per le differenze culturali di tempo e spazio. A volte, la causa sta nell’intenzione di chi parla di celare il proprio messaggio, rendendolo criptico come strategia comunicativa.
In quale modo Gesù ha codificato i suoi messaggi?
Gesù, il Figlio di Davide, era incomparabilmente “più grande di Salomone” (Matteo 12:42). Infatti, presenta se stesso come Dio nella sua saggezza (Luca 11:49; 1 Corinzi 2:7). Proprio come la terza raccolta di libri della Bibbia ebraica (Kəṯūḇîm, “Scritture”), e il libro del saggio Daniele, contengono poesia, letteratura sapienziale, storia morale, anche la strategia comunicativa di Gesù includeva una vasta gamma di espressioni tipiche dei sapienti d’Oriente.
Gesù parlava “in parabole”. Quelle più famose erano illustrazioni didattiche. Tuttavia, “in parabole” significa molto di più. Il termine ebraico classico māšāl (somiglianza) vuol dire proverbio, detto, paragone, parabola e poesia didattica. Il termine ḥiyḏā (affilare) significa indovinello, enigma, detto ambiguo e allusivo, e poema storico con una morale. Tutto ciò conduce a significati profondi, che mettono alla prova la mente. Il modo in cui Gesù si esprimeva “in parabole” è stato talvolta interpretato come strano da chi rifiutava di accogliere il suo messaggio (Marco 3:21-22).
Gesù parlava “in parabole”
Il linguaggio di Gesù era ricco di paragoni (Giovanni 5:21), metafore (Matteo 5:29a; 13:42), personificazioni (Luca 19:41-44), ironia (Matteo 7:3; Luca 13:32-33), affronti (Matteo 23:33), sarcasmi (Matteo 23:27) e iperboli (Matteo 11:11, 23), spesso combinando molteplici figure retoriche. Il suo discorso conteneva anche immagini retoriche più complesse e apparentemente meno chiare come l’antifrasi (Marco 14:41; Luca 8:10), la tipologia (Giovanni 3:14; 6:57), la metafora drammatica (Matteo 26:26-28), l’analogia complessa o paradossale (Marco 2:25-26; Giovanni 10:34-36, cfr. Salmo 82) e l’immagine mitica (Marco 9:43; Luca 12:5; 16:23). Di solito, queste espressioni sono comprese in modo superficiale o completamente fraintese da quanti hanno un approccio letterale.
Possibili risposte
Non stiamo provando a spiegare tutti i problemi che questo tipo di linguaggio presenta. Prima di tutto, dobbiamo considerare chi è il Sapiente che parla nei Vangeli. Se Cristo è la Parola di Dio (e lo è!), potremmo non essere in grado di definire e spiegare tutte le possibili ragioni per cui egli ha preferito parlare “per enigmi”. Tuttavia, cercheremo, nei limiti della nostra comprensione, di analizzare il fenomeno.
Gesù voleva forse impressionare e scuotere? Crediamo di sì. Anche gli aspetti della sua identità e personalità divino-umana (nato da una vergine, vissuto solo per la gloria di Dio e per la felicità altrui; lasciandosi crocifiggere pur essendo onnipotente, e così via) sono aspetti più che scioccanti.
Fin dall’inizio del suo ministero, molti si sono risentiti del suo atteggiamento e delle sue affermazioni. Allora perché dovremmo sorprenderci che Gesù avesse bisogno di elevare la mente umana a un livello superiore di pensiero? Quello che i filosofi cercano di fare attraverso un linguaggio astratto che affatica o annoia il comune individuo, Gesù lo ha compiuto con parole comprensibili a ogni mortale, dopo averlo prima scosso e impressionato.
Non possiamo assolutamente immaginare che Gesù abbia pianificato di scioccare con quello spirito stravagante e diretto tipico dell’adolescenza. La sua personalità e i suoi discorsi attraevano le folle, anche quelle apparentemente ostili. “Nessuno ha mai parlato come quest’uomo” (Giovanni 7:46). In primo luogo, con quel linguaggio cercava di suscitare interesse per i suoi argomenti principali. Il più delle volte, dietro i detti più espliciti si celano verità ancora più palesi, quindi il nostro vero problema con le parole di Gesù non è primariamente epistemologico. Gesù ha affermato: “Se uno vuol fare la sua volontà, conoscerà se questa dottrina è da Dio o se io parlo di mio” (Giovanni 7:17).
Un altro motivo per cui Gesù parlava per “enigmi” sta nel fatto che voleva che il suo messaggio fosse memorabile. Perciò, Egli si è espresso prima attraverso strategie comunicative che suscitassero curiosità e aprissero la mente. In quel modo, ancorato a un modo di dire intelligente, l’insegnamento diventava meritevole di essere ricordato.
Gesù conosceva il valore incomparabile dei suoi insegnamenti, perciò li presentava come tesori nascosti. Le persone possono imbattersi “accidentalmente” in essi e questi diventano i loro tesori solo dopo aver rinunciato a tutto ciò che hanno, per acquistare il “campo” in questione (Matteo 13:44). Il tesoro non si manifesta a nessuno dal nulla, né può essere rubato.
Questo metodo di codifica del messaggio era anche una misura protettiva per Gesù. In quel modo poteva trasmettere messaggi comprensibili a chiunque, senza rischio di accusa, perché i testimoni dovevano ripetere le sue parole, non le loro deduzioni. Anche per i suoi nemici, però, le sue espressioni più cifrate erano abbastanza comprensibili, e alla fine fu condannato sulla loro base, dopo che furono intenzionalmente distorte (Luca 20:16, 19; Marco 14:57-59; Giovanni 2:19-22, cfr. Matteo 27:63).
Infine, il discorso di Gesù per “enigmi” era anche un processo di selezione dell’uditorio (Marco 4:13). Molti si riunivano intorno a lui solo per ricevere un po’ di cibo e speravano che risolvesse i loro problemi materiali. Parafrasando Gesù rispondeva: “Anch’io sono povero, non ho dove posare il capo”, oppure: “La vera casa è in alto” e “Il vero pane è il mio corpo” (Luca 9:57-58; Giovanni 6:26-27, 41-42, 45, 52, 60-68).
In conclusione
Il linguaggio di Gesù era in armonia con i messaggi che esprimeva. Da un lato: “Non gettate le vostre perle ai porci” (Matteo 7:6; cfr. 13:10-17); dall’altro: “con molte parabole di questo genere esponeva loro la parola, secondo quello che potevano intendere” (Marco 4:33). Dunque, il discorso enigmatico di Gesù rappresentava un adattamento versatile alla mente umana, sia di allora che di oggi.
(Florin Lăiu è stato docente di Bibbia presso il Seminario Teologico dell’Università Adventus in Romania, dove ha insegnato per 28 anni, specializzandosi in lingue bibliche, esegesi biblica, apocalittica e traduzione biblica. Ora in pensione, è appassionato di apologetica avventista, poesia e musica. Autore di articoli e libri, è felice di poter comprendere le espressioni insolite di Gesù. E anche se non dovesse capirle, si fiderebbe di colui che ha parlato come nessun altro).
Note
[1] La parola “criptico” deriva dal greco krypton (qualcosa di nascosto, chiuso, segreto, che deve essere decifrato), da cui discende la parola “cripta” (camera sotterranea in pietra, dove sono custodite le bare).
[2] Dal greco mysterion, che significa “segreto”.
[Fonte: st.network / Tradotto da Veronica Addazio]
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